La Disponibilità: limiti e prospettive

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Partiamo dal concetto di disponibilità come lo troviamo definito nell’Enciclopedia Libera Wikipedia:
“ La disponibilità misura l’attitudine di un’entità o sistema ad essere in grado di svolgere una funzione richiesta in determinate condizioni ad un dato istante (es. fornire un servizio ad un utente), o durante un dato intervallo di tempo, supponendo che siano assicurati i mezzi esterni eventualmente necessari. Può essere definita come il rapporto tra il tempo effettivo di funzionamento ed il tempo totale (dunque minore o uguale ad 1)”.
Cerchiamo ora sul Vocabolario Treccani:
disponibilità s. f. [der. di disponibile]. – 1. a. L’essere disponibile: accertare la d. di un appartamento; il teatro è tutto esaurito e non c’è più d. di posti; anche di persona o gruppo, in senso proprio e fig.: dichiarare la propria d. ad accettare una carica, a collaborare a un’iniziativa; le organizzazioni sindacali hanno assicurato la propria d. a un confronto col governo su questi temi. b. Facoltà di disporre di un bene, cioè di possederlo e utilizzarlo liberamente: avere la d. di una somma, di un capitale; anche assol.: per ora non ho d., ho scarse, larghe disponibilità. Nel linguaggio banc., d. di un conto, la facoltà accordata al titolare del conto di disporre delle somme a suo credito nel conto medesimo o di quelle messe a sua disposizione dalla banca in seguito a concessione di credito; nel linguaggio finanz., d. monetaria, l’insieme del denaro depositato presso gli istituti di credito e l’amministrazione postale, e del denaro circolante in moneta, vaglia e assegni. 2. Nella marina militare italiana, la posizione amministrativa di una nave in temporaneo disarmo. 3. Nel diritto amministrativo, collocamento in d., condizione transitoria (della durata massima di due anni) in cui si trova l’impiegato pubblico quando, per soppressione dell’ufficio a cui appartiene o per riduzione di ruoli organici, non può essere utilizzato in altra amministrazione. 4. Nella tecnica, e in partic. negli studi di affidabilità, il termine (come traduz. dell’ingl. availability) indica la probabilità che una macchina, un’apparecchiatura o un impianto siano in grado di funzionare in un dato momento, indipendentemente dai guasti e dalle riparazioni intervenuti fino allora.
Mi meraviglio di non aver trovato praticamente nulla di veramente “umano”, di “emotivo”. Si parla di entità, sistema, funzioni, tempo, beni materiali, collaborazione, diritto amministrativo, macchine…ma in tutto questo dove è l’uomo? Dove sono i suoi sentimenti? La tendenza che forse, troppe volte, ci porta a compiacere gli altri, facendo passare in secondo piano i nostri bisogni e desideri?
Essere troppo disponibili può davvero diventare un problema, se esso diventa sinonimo di sottomissione al volere degli altri. Chi è troppo disponibile cerca a tutti i costi di evitare il conflitto, ignorando il più delle volte di mettere in evidenza le cose in cui non è d’accordo.
Cerca di compiere del bene e farlo per soddisfare gli altri, con il risultato di essere sempre ricercato da tutti. Va tutto bene ( per gli altri, soprattutto, ma anche per sé, fondamentalmente), fino ad un certo punto. Quale? Quello in cui ciò che è imploso per troppo tempo, le urla taciute, i disaccordi inespressi, le emozioni, esplodono nel tentativo, che spesso riesce vano, di affrontare un conflitto.
Chi è troppo disponibile spesso non conosce affatto i propri bisogni e desideri e quindi antepone quelli altrui non sapendo bene cosa reclamare per sé. Spesso essere troppo buoni e disponibili è un meccanismo che si è imparato sin dall’infanzia, quando un genitore estremamente severo piegava il figlio al suo volere o quando il figlio cercava, inconsciamente, di fare da “genitore” ad un padre e/o ad una madre che aveva una sofferenza emotiva o che aveva bisogno di attenzioni per sé. Chi evita a tutti i costi i conflitti è, di solito, chi ha assistito in famiglia a conflittualità violente. In contesti come questi, dunque, appare impossibile avvertire i propri veri bisogni e cercare di soddisfarli adeguatamente. Conseguenza sono vissuti di inadeguatezza che possono portare a forme di ansia e/o di depressione.
Dunque, come imparare a dosare la propria disponibilità?
1. Imparare a indirizzare un rapporto interpersonale verso uno scambio positivo, negoziando il “conflitto”. Non omettere di esprimere se stessi, ma cercare di comprendere, se non le si conosce ancora, le proprie necessità. E finchè non le si è comprese, evitare comunque che un eccesso di disponibilità possa ritorcersi contro di noi e che gli altri si approfittino della nostra “bontà”. Vanno soddisfatti, in ultima analisi, i bisogni di entrambe le parti.
2. Capire che il proprio valore non dipende da quante buone azioni si fanno per gli altri, soprattutto se questo, come succede quasi sempre, si verifica a proprie spese. E’ necessario imparare a distinguere il dare perchè lo si sente come un dovere e il dare avvertito come un dono, un atto d’amore.
3. Imparare a dire di no senza sentirsi in colpa o senza sentire il bisogno di dare tante spiegazioni che motivino la risposta. Sapere di avere la possibilità di dire “no” è salutare e liberatorio.
Questi che possono sembrare semplici elementi, in realtà semplici non sono affatto quando la propria sensibilità ( o meglio, ipersensibilità) porta a venire incontro agli altri. Quando essere troppo disponibili è una modalità che si è appresa sin da piccoli come un modus vivendi, anzi un modo per sopravvivere, così come accade se si vuole costruire in palestra un corpo muscoloso, bisogna esercitarsi poco per volta, a dire qualche “no” senza sentirsi in colpa, a negarsi a volte, a non venire troppo incontro agli altri che, poi, spesso, si sentono, più o meno consapevolmente, in diritto di approfittarne.
Il dolore vissuto da piccoli, si riproporrebbe, allora, come sofferenza adulta e solo curando le emozioni ferite, si può cercare di affrontare e superare le proprie paure.
Queste non sono linee guida né tantomeno un vademecum del vivere bene, è, semplicemente, apprendere dall’esperienza…

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