La Necrofilia: il Piacere oltre la Vita

Il piacere umano ha una connotazione sociale e culturale e questo comporta, solitamente, la repressione dell’esperienza istintiva, in favore di una “cultura” del piacere.
Il concetto di “perversione sessuale” ( oggi parafilia) ha subito notevoli mutamenti, in base al variare del concetto di “normalità sessuale” legata a circostanze socio-culturali, temporali, religiose e civili.
Dall’epoca della Psychopatia sexualis, attraverso la ricerca antropologica (Malinowsky, 1966) e statistica (Kinsey, 1948, 1953), la sessualità si è parzialmente liberata da tabù per divenire finalmente oggetto di studio. Ma nello stesso campo medico – diagnostico, ( si veda il DSM, il Manuale di Diagnosi e Classificazione dei Disturbi Mentali) sono ancora continue le variazioni. Si pensi che della Necrofilia con una propria dignità nosografica si parla solo nella Edizione n.5 del 2013, mentre nelle precedenti edizioni essa era compresa nelle Parafilie non Altrimenti Specificate.
Nel DSM III-R si leggeva “investimento erotico in scene macabre, con rituali funerei fino a giungere in alcuni casi al congiungimento sessuale con cadaveri”. Parafilia, questa, che risulta essere molto rara, quasi esclusivamente maschile, e spesso associata ad altre perversioni (sadismo, feticismo, in cui il corpo morto è considerato un feticcio, oralismo…), o ad altri disturbi mentali, come oligofrenia e psicosi.
Le pochissime donne che sostengono di aver praticato atti necrofili, affermano di essere state introdotte dai loro partner ed il cadavere diviene strumento di eccitazione per la coppia, nella quale viene soddisfatto il desiderio voyeristico ed esibizionistico.

La pratica della necrofilia ancora oggi è circondata da tabù, nonostante non fosse assente nella mitologia: Achille, dopo aver ucciso la regina amazzone Pentesilea ne avrebbe violato le spoglie in un atto di necrofilia; Erode il Grande, avrebbe conservato la seconda delle sue dieci mogli nel miele e avrebbe avuto dei rapporti con lei per sette anni dopo la morte. Alcuni ritengono che Carlo Magno avesse tendenze necrofile ed anche l’innocente Bella Addormentata presenta alcune sfumature necrofile.
D’altronde, la morte e il sesso sono sempre stati legati (si pensi al francese la petite mort, diventato sinonimo di orgasmo).
Lo psicologo belga Jospeh Guislain nel 1850 per primo usò il termine “necrofilia” ma l’ufficializzazione del termine è arrivata con gli scritti sulla psicopatia sessuale di Richard von Krafft-Ebing.
Nel 2009, Anil Aggrawal, un professore di medicina legale presso il Maulana Azad Medical College di Nuova Delhi, ha proposto un nuovo sistema di classificazione della necrofilia, definendola “una delle pratiche più strane, bizzarre e disgustose della sensualità perversa e anormale.”
Egli ha coniato un sistema in dieci livelli, che rappresenta l’approccio più dettagliato sul tema.
Uno studio del 1989 di Jonatan Rosman e Phillip Resnick distingueva tra due tipi di necrofilia, quella “genuina” e quella “pseudo-necrofilia”, mentre Aggrawal ha rilevato l’esistenza di uno spettro di tendenze necrofile. Questa scala va, in crescendo, dalle semplici fantasie al necrosadismo
La prima categoria include i “necrofili romantici”, che fantasticano sulla necrofilia, e traggono eccitazione da situazioni in cui il partner si finge morto. Nella seconda categoria vengono fatti rientrare coloro non riescono ad accettare la perdita di una persona amata. I “fantasticatori” della terza categoria, si eccitano fantasticando sulla morte, recandosi abitualmente a funerali e cimiteri, oppure facendo sesso in presenza di una bara o traendo godimento dalla vista di immagini di cadaveri. Nelle categorie successive si comprendono persone che hanno rapporti sessuali con i morti, partendo da coloro che hanno uno stimolo sessuale toccando i morti (categoria IV) a coloro che mutilano i cadaveri mentre si masturbano (categoria VI) fino ad arrivare ai necrofili “omicidi” o serial killer necrofili (categoria IX) che possono arrivare ad uccidere per avere rapporti con un cadavere. Secondo Aggrawal esisterebbe un interscambio tra queste categorie ed un soggetto può passare da una all’altra nel corso del tempo.

Freud ha definito la perversione sessuale come l’opposto della nevrosi in quanto gli impulsi rimossi nel nevrotico trovano pieno sfogo nel perverso, il quale si difende dall’angoscia regredendo a forme di sessualità infantile. Il nevrotico, invece, attua difese quali spostamento e conversione delle emozioni in altri settori della vita: il nevrotico cela nel sintomo fantasie sessuali perverse, il perverso esprime apertamente i propri desideri.
Freud sostiene, altresì, che lo sviluppo della libido può arrestarsi in qualsiasi momento dello sviluppo sessuale, portando all’emergere della perversione. La perversione polimorfa del bambino è uno stadio normale dello sviluppo sessuale che, a seguito di repressioni del complesso edipico, di castrazione, od altre esperienze, porterebbe alla fissazione e dominanza di pulsioni parziali tipiche di un certo stadio di sviluppo e, quindi, alla perversione adulta.
La pulsione istintuale dell’Es viene rifiutata dal Super Io, e l’Io, o principio di realtà, crea un compromesso per soddisfare parzialmente il desiderio istintuale e allo stesso tempo tacitare il Super Io.
Per Freud il conflitto tra l’ istinto e il pericolo che ne consegue, provoca la scissione dell’Io che si esprime in due reazioni contrarie: negare la realtà e rifiutare di accettarne la proibizione oppure considerare come sintomo patologico il timore del pericolo, cercando di liberarsi da esso.
Secondo Baldaro Verde, l’Io minacciato durante lo sviluppo psicosessuale ricorre al meccanismo di difesa della scissione, che permette comunque il raggiungimento del piacere avvalendosi di linee alternative di sviluppo, che possono giungere fino alla perversione
Gli studi della Kaplan permettono di approfondire il concetto di perversione, associando il carattere coatto, imperativo, stereotipato del gesto, orientato perentoriamente verso comportamenti e oggetti sessuali anomali e bizzarri. Questa “fissità” distingue la perversione dal comportamento sessuale bizzarro, in cui i partners scelgono di realizzare giochi e fantasie che possono culminare nel coito. Stoller (1992) usa il termine “aberrazione”,di cui esisterebbero due varianti, l’attuazione di fantasie occasionali e la perversione vera e propria definita come “forma erotica dell’odio” in presenza del desiderio di arrecare danno, di vendicarsi.
Meno prosaicamente, la necrofilia potrebbe essere correlata alla “melanconia” come “ambivalenza verso l’oggetto d’amore perduto” e secondo l’ipotesi fenomenologica per cui il melanconico prova amore per l’altro soltanto perdendolo o essendo sul punto di perderlo.
Il melanconico prova amore solo nella perdita, in quanto il possesso dell’”oggetto d’amore” mette comunque di fronte alla sua finitezza ed alla possibile perdita.
L’oggetto non potrà mai soddisfare tutte le richieste di affetto ed attenzioni, e perciò verrà distrutto comunque dalle dinamiche aggressive e ambivalenti del soggetto.
E’ soltanto, dunque, nella situazione di lutto per l’oggetto inappropriabile, che il soggetto può entrare in rapporto con esso e possederlo pienamente, mentre la realtà reca con sé delusioni ed abbandono.
Questo è particolarmente evidente nel serial killer necrofilo, da cui l’oggetto d’amore viene ucciso, così non potrà più abbandonarlo, ed il soggetto potrà continuare a farlo rivivere nella sua fantasia.
Il necrofilo melanconico tenta di esorcizzare la perdita dell’oggetto d’amore subita nell’infanzia, divenendone l’artefice.

In tutte le parafilie, comunque, l’atto “perverso” non comprende il rapporto con l’altro in quanto persona e partner sessuale maturo, ma si esprime invece come relazione con i propri fantasmi, portando all’estremizzazione, nella necrofilia, la paura della relazione stessa, vissuta come rassicurante se, invece, agita con un oggetto inanimato ed innocuo, questa volta il cadavere

Lascia un commento