Precisazioni Semantiche in Criminologia

Nel linguaggio comune i termini “delitto”, “crimine”, “reato”, pur avendo un significato sostanzialmente equivalente, contengono sfumature semantiche differenti: la parola reato ha un significato meno “stigmatizzante” ed implica reazioni emotive meno negative rispetto alla parola delitto, riservata di solito per definire atti particolarmente efferati. I termini atto illegale o illeciti penali, pur avendo sempre il significato di atto previsto dalla legge come reato, sono più neutri e non comportano un giudizio morale particolarmente severo. Le espressioni comportamento disonesto o disonestà, pur sempre indicando un agire proibito dalla norma penale, implicano una ancor minore reazione sociale di censura, sia per il poco rilevante danno economico dell’azione disonesta sia per la larga diffusione di quel tipo di azione. Nel linguaggio giuridico, invece, tutte le azioni penalmente perseguibili vengono denominate reati: tra di essi si differenziano i delitti e le contravvenzioni, a seconda della natura delle pene (ergastolo, reclusione, multa nel primo caso; arresto e ammenda nel secondo), a loro volta correlati alla maggiore o minore gravità del reato.

In Criminologia si preferisce non tener conto dell’uso generico dei termini anche perché i nomi che indicano i fatti delittuosi e gli autori di delitti variano da paese a paese cosicché dizioni uguali hanno spesso un significato giuridico diverso.
Analogamente accade per i nomi con i quali si indica l’autore di fatti previsti dalla legge come reati. Nel linguaggio dei codici egli può essere reo, delinquente, condannato, indagato, indiziato, imputato, appellante, ricorrente, ecc. Nel linguaggio quotidiano le dizioni delinquente e criminale non sono astrattamente usate per indicare chi infrange la legge ma contengono in sé giudizi di valore negativi, disapprovazione, censura.

Nel contesto dei gruppi e della società si effettuano differenziazioni nei confronti della criminalità secondo una gerarchia dei valori violati, cosicché non tutte le infrazioni della legge penale suscitano uguali reazioni negative, essendo talune sentite come più gravi di altre percepite come meno severamente censurabili. Il criminologo deve tendere a non attribuire alle parole delinquente, criminale, reo (“colui che fa il male”), implicazioni emotive e giudizi etici, considerandole semplicemente quali termini per indicare coloro che hanno commesso azioni proibite dalla legge.
Delinquente, in ogni caso, per il criminologo va usato non tanto come sostantivo, quanto piuttosto come participio presente, ossia “colui che delinque”.

Criminale, delinquente, reo, dovrebbero semplicemente indicare colui che ha compiuto azioni che la norma giuridica definisce reati ed evitare dunque generalizzazioni. Non esistono, infatti “i” delinquenti come categoria o come astratti concetti ma una realtà costituita da una infinita varietà di singole fattispecie delittuose e di singoli autori. E’ necessario, allora, per essere scientificamente corretti, parlare sempre al singolare piuttosto che al plurale. Sarà bene poi non usare i verbi al tempo indicativo ma utilizzare piuttosto espressioni probabilistiche perché le certezze non sono delle scienze dell’uomo e ancora meno appartengono alla criminologia.

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