Apprendere è solo imparare?

Rifletto oggi su un etimo che mi è venuto in mente per libera associazione. E su come alle parole attribuiamo significati diversi a seconda dei nostri stati d’animo. Il termine è “apprensione”. Ecco, in queste ore ho un motivo di preoccupazione e per me vuol dire essere in “apprensione”. Ho completamente bypassato l’altro significato del termine, quello di “apprendere”, nel senso di imparare. Leggiamo sul vocabolario Treccani: “apprensióne s. f. [dal lat. tardo apprehensio -onis]. – 1. Atto, facoltà dell’apprendere. Con significato più specifico, nella filosofia scolastica, l’atto col quale l’intelletto concepisce un’idea senza formulare su questa alcun giudizio; in Kant (nella 1ª ediz. della sua Critica della ragion pura), l’atto dell’immaginazione che riunisce il molteplice dell’intuizione sensibile: a. empirica, che ci dà le nozioni sensibili; a. a priori, o sintesi pura dell’a., che ci dà la nozione di numero e le figure della geometria. 2. Ansia, stato di inquietudine derivanti dal timore di possibili mali o pericoli: essere, stare, mettere, tenere in apprensione”. Mi sembrano significati anche ontologicamente opposti: nel momento in cui si è appresa una qualche notizia che magari stavamo aspettando, questo dovrebbe portarci ad uno stato di tranquillità, o, se non altro, non dovremmo più sentire gravare su di noi la sensazione di ansia per l’attesa. Un trait d’union mi viene dalla discrepanza tra apprensione ed indifferenza. In qualche modo l’indifferenza è scevra da preoccupazione ed è quindi anche lontana dalla volontà di apprendere. O dai versi di Dante: Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, laddove il cuore s’infiamma per amore, “imparando” ad amare. E, inevitabilmente, si preoccupa per l’amato. Ecco, forse intravedo lì una chiave: apprendere dall’esperienza. Apprendere come prendere con sé:  l’esperienza è, infine, amore.

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