Ogni uomo è un criminale senza saperlo
Albert Camus
Il colloquio rappresenta lo strumento “principe” a disposizione del Criminologo, sia quando esso avvenga nel contesto peritale e, quindi, si tratti di un colloquio di tipo istituzionale, sia quando abbia finalità di ricerca scientifica.
Nell’un caso e nell’altro, rappresenta il momento in cui si applica il “sapere criminologico” allorquando ci si trovi al cospetto di un soggetto si presume abbia commesso un crimine e quindi sia un “colloquio investigativo”.
Dai tempi della Santa Inquisizione in cui venivano utilizzati metodi cruenti come ruote della tortura, immersioni ed altre metodiche forti e lesive della dignità umana, per cercare di carpire la verità, e laddove anche l’innocente era pronto a confessare, purché finisse la tortura, per fortuna ne è passata di acqua sotto i ponti.
Com’è evidente, l’interazione comunicativa alla base del colloquio criminologico ha caratteri molto diversi da quella che potremmo definire una normale “conversazione”, ma anche da un colloquio psichiatrico e psicoterapeutico, che pure si caratterizzano per precise competenze, in quanto il criminologo nell’ambito della peculiarità del suo colloquio, applica specifiche tecniche, oltre che una sua precipua esperienza. Se, da un lato, il colloquio criminologico presenta delle caratteristiche simili al colloquio psichiatrico-psicoterapeutico, in quanto alla base di questi colloqui tutti specialistici c’è, comunque, un’attenzione particolare sia agli elementi verbali che caratterizzano il colloquio, sia a quelli non verbali ( mimica, gestualità, atteggiamenti), il colloquio criminologico, come vedremo, si arricchisce di altre dinamiche che lo rendono assolutamente unico nel suo genere e che possono consentire al criminologo ulteriori spunti di conoscenza.
Dunque, il colloquio criminologico può essere di tipo psichiatrico o criminologico in senso lato: nella prima ipotesi si tratta di un atto medico completo perché nel suo contesto si può e si deve fare diagnosi, prognosi e terapia; nella seconda ipotesi l’atto, a carattere e struttura non mediche, è finalizzato all’esame ed alla conoscenza del soggetto esaminando, al fine di enucleare tutte i dati e gli elementi che consentano all’operatore criminologico di addivenire ad una conoscenza quanto più approfondita del soggetto stesso. Tale ricostruzione servirà, in ultima analisi alla ricostruzione della criminogenesi e della criminodinamica del crimine che ha commesso.
Potremmo dire, preliminarmente, che il criminologo durante il colloquio, assume il ruolo di “terzo osservatore”, che assiste all’interazione tra intervistatore ed intervistato, nel mentre essa avviene, per valutare gli elementi oggettivi che scaturiscono dal colloquio stesso, ma non trascurando gli aspetti emotivi derivanti dalla interazione stessa. Aspetti emotivi che, come vedremo, coinvolgono sia l’”incriminato” che il criminologo ed anzi, dal punto di vista di quest’ultimo, la conduzione del colloquio implica una grossa padronanza dal punto di vista emotivo. Dunque, il colloquio di tipo criminologico presenta molte similitudini con il colloquio di tipo psichiatrico-psicoterapeutico, per quanto riguarda le tecniche ma non i fini del colloquio stesso. Entrambi comportano un elevato livello di “stress” e, pertanto, richiedono una specifica preparazione non solo di tipo squisitamente tecnico, ma anche di tipo psicologico. Preparazione che, come si accennava, consente di cogliere una serie di aspetti che riguardano, potremmo dire a tutta prima sommariamente, l’intervistato, l’intervistatore e lo spazio della interazione tra i due.
Dal punto di vista dell’intervistato, si considerano gli aspetti verbali della comunicazione, ossia apprendere le informazioni che vengono fornite durante il colloquio, non tralasciandone alcuna, ma imparando a dare ad ognuna di esse il giusto peso in quel determinato ambito, ma anche e soprattutto, gli aspetti non verbali, che vedremo più avanti nel dettaglio e che rappresentano una traccia fondamentale di “menzogna”.
Dal punto di vista dell’intervistatore, consideriamo necessariamente gli aspetti verbali della comunicazione, gli atteggiamenti non verbali, rappresentati dalla paralinguistica, dalla prossemica, dalla mimica facciale e da altri fattori che possono causare interferenze sull’intervistato; le reazioni emotive ed i pregiudizi del criminologo.
Per quanto concerne lo spazio del colloquio tra i due, ossia le coordinate spazio-temporali in cui esso si svolge, non vanno trascurate le possibili interazioni affettivo-emotive tra i due interlocutori e che sono rappresentate da rabbia, affetto, antipatia, simpatia.
Quali sono i contesti in cui si può svolgere un colloquio criminologico?
Può trattarsi, fondamentalmente, di un colloquio istituzionale, e quindi, rappresentare una attività di consulenza in carcere per il Magistrato di Sorveglianza; di un colloquio investigativo, e dunque riguardare l’attività di consulenza alle Forze di Polizia durante le indagini; può, infine, essere di ausilio per la ricerca scientifica, rappresentando una attività di raccolta di storie di vita e di casi clinici.