Sono state formulate varie ipotesi per cercare di identificare le cause della condotta criminale.
Generalmente, causa di un fatto è l’antecedente necessario e sufficiente al suo accadimento.
Nel cercare la causa in criminologia è chiaro che non possiamo rifarci solo alle condizioni necessarie, poichè in quanto esse sono molteplici. Ciò che indichiamo come causa deve essere non solamente necessario ma costituire anche una condizione sufficiente: si deve cioè, fra gli infiniti antecedenti necessari, identificare solo quello che in definitiva ha provocato l’effetto. Chiamiamo pertanto causa, fra tanti fattori, solo quella condizione che è più direttamente intervenuta nel fenomeno esaminato, trascurando gli altri, e senza la quale l’effetto non si sarebbe verificato. Cerchiamo, cioè, la conditio sine qua non fra i tanti antecedenti, quello è la causa efficiente.
Se poi il criminologo si propone non semplicemente l’analisi di un fenomeno ma anche di intervenire per modificarlo, e questo non è certo un compito secondario, egli è chiamato ad indagare e comprendere, ma possibilmente anche a contrastare il comportamento delittuoso.
Questo comune concetto di causalità, o casualità lineare, cioè dalla causa A deriva l’effetto B, è stato il paradigma dominante del Positivismo, quando, nel secolo XIX, vigeva una visione meccanicistica ed una fiducia assoluta nella capacità esplicativa della scienza secondo la quale i fenomeni naturali ed anche il comportamento umano, derivavano da fattori noti che producevano necessariamente certi effetti.
Ma, se per molti fenomeni naturali più semplici la causalità lineare ha ancora valore, questo principio di causalità non ha oggi più credito per quanto riguarda i fenomeni di cui si occupano le scienze dell’uomo. La prospettiva della causalità, relativamente al comportamento umano è, infatti, cambiata radicalmente, divenendo una “causalità circolare”.
La teoria dei sistemi (Bethalanaffy, Bateson), da cui prende origine la causalità, si fonda sul concetto di “insieme” per il quale una unione di elementi è qualcosa di diverso dalla semplice somma dei singoli componenti e spiega inoltre come nell’insieme dei rapporti interpersonali, costituenti appunto un sistema, la condotta di un soggetto influenza quella degli altri, e come quest’ultima, a sua volta, si ripercuota sul comportamento del primo agente: è questo il concetto di causalità circolare. Il modello è mutuato dalla cibernetica, che sostituisce lo schema della causalità lineare con quello di “retroazione” o feedback per il quale ognuna delle parti di un sistema influisce sulle altre. In questo senso, la differenziazione fra causa ed effetto viene a perdere il significato, perché ogni parte del sistema è nello stesso tempo causa ed effetto e non può più parlarsi pertanto di causa efficiente. E’ dunque centrale il concetto di sistema nel quale sono comprese oltre all’attore del fenomeno osservato anche le altre persone e circostanze con le quali il soggetto è venuto in rapporto, e le correlazioni tra di essi.
La criminologia, adottando una modalità esplicativa di questo genere favorirà una conoscenza più ampia di quel soggetto e di quella condotta ma potrebbe rischiare di favorire un atteggiamento di giustificazionismo e di deresponsabilizzazione.
Allora, le attribuzioni di responsabilità devono avvenire secondo un modello di causalità giuridica materiale, che procede secondo la logica della causalità lineare.
La condotta umana può considerarsi causa dell’evento quando:
a) è conditio sine qua non del medesimo, in quanto senza di essa l’evento non si sarebbe prodotto;
b) l’evento al momento della condotta era prevedibile come conseguenza verosimile di essa.
Ecco che se il criminologo con le sue conoscenze è in grado di favorire proprio attraverso la logica della casualità circolare, la comprensione approfondita di un comportamento delittuoso identificando i fattori remoti e prossimi, psicologici e relazionali che hanno avuto un ruolo più o meno rilevante nella condotta incriminata, deve però astenersi dal formulare giudizi, in quanto non solo perché quanto maggiore è la comprensione tanto maggiore sarà la tendenza a giustificare, ma perché, fondamentalmente, giudizi e giustificazioni spettano solo al giudice.
