Soltanto ai “non addetti ai lavori” apparentemente lontane, la Criminologia e la Sessuologia, che, a tutta prima potrebbero sembrare due discipline molto diverse, in realtà, hanno molti tratti in comune. I miei due percorsi di studi si sono rivelati due strade assolutamente non parallele, ma intersecantesi in più punti. Occuparmi della Sessuologia, è stata una naturale conseguenza del mio lavoro di psichiatra e non solo perchè molti aspetti teorici della Sessuologia conducono alla Psichiatria. La scelta mi è venuta proprio da un’esigenza di tipo clinico: molti psicofarmaci che noi consigliamo nella nostra pratica terapeutica, tra cui alcuni antidepressivi ed i neurolettici, possono avere un effetto ritardante se non inibente, sull’attività sessuale.
L’esatto meccanismo con cui gli antidepressivi sono causa di Disfunzioni Sessuali non è ancora ben noto, anche se sembra esserci una correlazione tra l’attivazione della trasmissione serotoninergica e l’inibizione delle funzioni sessuali.
Le Disfunzioni Sessuali indotte dai Neurolettici avverrebbero, invece, secondo tre meccanismi:
1) blocco dei recettori alfa-1 adrenergici;
2) blocco dei recettori dopaminergici;
3) aumento della secrezione di prolattina.
(AIZENBERG D et al. Painful ejaculation associated with antidepressants in four patients. J Clin Psychiatry 1991; 52, 461-463; AIZENBERG D, ZEMISHLANY Z, DORFMAN-ETROG P, WEIZMAN A.Sexual dysfunction in male schizophrenic patients. Clin Psychiatry 1995; 56(4), 137-141).
Mi accorgevo che, spesso, quando qualche mio paziente si lamentava di questo problema, la mia tendenza era, per lo più, quella di sottovalutare l’aspetto sessuale, dando la priorità alla patologia psichiatrica per la quale avevo prescritto quel determinato farmaco. Ma, ho dovuto constatare, soprattutto quando curavo soggetti giovani, questo modus operandi non era il più corretto, perchè la sessualità è una parte molto importante della nostra vita e non va trascurata. Per cui acquisire competenze specifiche in questo campo mi ha aiutato molto a capire meglio la persona, nelle sue infinite sfaccettature. Ora mi viene spontaneo, durante i colloqui, indagare anche la sessualità in chi ho di fronte e ciò mi aiuta a capire molto di più di tutti gli altri aspetti della vita. Infatti, spesso una problematica sessuale lamentata da una coppia, ad esempio, può rappresentare solo la punta di un iceberg molto più grande e, come tale, per lo più sommerso.
La scelta della Criminologia è stata motivata da un interesse particolare verso il “reo”, poichè negli ultimi anni mi sta capitando sempre più spesso di svolgere l’attività di Consulente Tecnico per il Tribunale di Cuneo ed anche qui mi interessava approfondire l’argomento. E’ solo un luogo comune, legato anche al nostro retaggio culturale, che le patologie psichiatriche abbiano una connessione diretta con la criminalità e che il paziente psichiatrico sia spesso socialmente pericoloso. Spesso, invece, come si vede per il fenomeno “Femminicidio”, solo una minoranza di delitti del genere sono portati a termine da uomini affetti da psicopatologie. Appare quindi utile avere ben presente la distinzione tra “folle” e “criminale”. Il significato di “folle” , leggiamo nel Vocabolario Treccani è quello di: “Pazzo, privo di senno, malato nelle funzioni mentali e abnorme per quanto riguarda gli atteggiamenti e i comportamenti che ne derivano; si dice comunemente di chi concepisce cose non vere o irrealizzabili…” Il “criminale” è il : “Colpevole di delitti gravi, delinquente” (www.treccani.it).
In realtà, etimologicamente, “criminale” è colui che commette un crimine, senza una accezione negativa, grazie al ruolo avalutativo e neutrale che ha la Criminologia. Quindi, discostandoci da reminiscenze di lombrosiana memoria, è evidente che non sono più sostenibili le ipotesi secondo cui il “criminale” sarebbe riconoscibile per anomalie della morfologia esterna ed interna del cranio, criterio che, invece, è supportato da indagini diagnostiche strumentali (Risonanza Magnetica Nucleare), in alcune patologie psichiatriche: ad esempio la massa e le dimensioni del cervello dei pazienti schizofrenici sono ridotte, come anche sarebbero rilevabili cambiamenti delle dimensioni del sistema ventricolare o dei lobi frontali, in particolare a livello della corteccia dorso-latero-prefrontale. Ancora, direi che il folle, dunque, può farci paura se non lo conosciamo, come la maggior parte delle cose che ci sono ignote ed oscure. Ma ciò che impariamo a conoscere, man mano ci spaventa sempre meno. Quale può essere, allora, il nesso che lega la Criminologia alla Sessuologia? Ad istinto ( e non sbagliandomi), direi la “passione”. Una passione “sana”, quella che lega un individuo al proprio “oggetto d’amore” che, in realtà, è soggetto nella relazione intersoggettiva (Kohut H. (1971), Narcisismo e Analisi del sé. Trad.it. Bollati Boringhieri, Torino, 1976), una passione “insana” quella che lega il criminale alla sua vittima. Ma un aspetto che mi ha particolarmente affascinato nei due percorsi di studio è stato quello della importante ( ed apparentemente banale) necessità di un “equilibrio” tra le varie funzioni cerebrali, in modo che nessuna prevalga sulle altre, determinando un disequilibrio. Mi riferisco al Triangolo di Sternberg, quello che sancisce nelle relazioni di coppia l’equilibrio tra il cervello rettiliano, quello più aggressivo e filogeneticamente più antico, che è alla base del comportamento istintuale, il cervello “affettivo”, quello dell’intimità della coppia ed il cervello razionale, quello alla base della progettualità comune. In Criminologia ho ritrovato la Teoria Triunitaria di Mc Lean, introdotta appunto in questa Scienza da Bruno nel 1987, che postula la necessità, nell’ambito di una condotta, e quindi di una relazionalità riconducibile alla norma, dell’equilibrio dei tre sistemi cerebrali, quello filogeneticamente più antico, che presiede all’attività istintuale di difesa del territorio e della caccia ad esempio, quello alla base del controllo degli stati emozionali di rabbia, paura, ad esempio, e quello più evoluto, che preside alle capacità intellettive. questa teoria, in ambito criminologico, può fornire un modello adatto a spiegare alcuni comportamenti delittuosi come i reati d’impeto. Dunque, in entrambi i casi, prevalenza dell’istinto, ad agire la sessualità o a commettere un crimine. Il che spiegherebbe anche, in parte, la genesi dei crimini sessuali. Ma sto ancora approfondendo l’argomento.