Una lacrima dice più d’ogni parola.
Alfred de Musset
Sin da bambina non ho mai sentito il bisogno di nascondermi per piangere. non ho mai considerato, e tuttora non considero, le lacrime come segno di fragilità. O, se lo sono state, diciamo, allora, che non ho mai avvertito come importante nascondere la mia fragilità. Poche volte nella vita ho pianto per rabbia, perchè poche volte nella vita ho sperimentato questo sentimento e, ancora meno volte, ho avvertito il bisogno di palesarlo in questo modo. Il più delle volte, la mia rabbia veniva manifestata a chi me l’aveva procurata. Alcune volte ho pianto di gioia, più spesso, ma come accade a tutti noi, la gioia mi ha procurato sorrisi. Ma quando era così forte da non riuscire ad essere contenuta tutta nelle labbra, ecco che allora trasudava dagli occhi. Poche volte, però, purtroppo sono stata così tanto felice. Per me le lacrime di dolore hanno sempre avuto un significato catartico. Dopo la pioggia, c’era di nuovo il sole. Ho sempre ammirato ed, a volte, amato, uomini che non si nascondessero per piangere e che considerassero le lacrime come punto di forza e non di debolezza. La forza di dire a se stessi e agli altri: ” So mostrare la mia forza, oltre che con i muscoli, anche piangendo e non mi vergogno di farlo”. Attraverso le lacrime, potremmo dire, semplicemente, sgorgano ormoni, oltre che emozioni. Ecco perchè noi donne siamo solite piangere nelle fasi in cui i nostri ormoni sono più ballerini, e così, senza un motivo, o per pretesti a volte banali, ci lasciamo andare a pianti dirotti.
Il pianto è la prima modalità espressiva dell’essere umano: sappiamo bene che il neonato lo usa per esprimere pressochè tutti i suoi bisogni. Ma nel corso della vita, anche quando il linguaggio verbale è acquisito, l’uomo continua ad usare il pianto per esprimere diverse sfumature emotive e comunicare sensazioni, a volte quelle che non sono facilmente traducibili in parole.
Ma le lacrime sono tutte uguali?
Sostiene di no Rose-Lynn Fisher, di mestiere fotografa, che si è chiesta se le sue lacrime di dolore avessero un aspetto ed addirittura una composizione diversa rispetto alle sue lacrime di gioia e, quindi, iniziò a studiarle al microscopio.
Procedette allo studio di 100 diverse lacrime e scoprì che esisteva una profonda differenza tra le lacrime “basali”, che sono quelle che il nostro corpo produce per lubrificare gli occhi, rispetto a quelle, ad esempio, che versiamo in cucina quando per la preparazione di alcuni cibi dobbiamo sbucciare le cipolle. Diverso era anche l’aspetto al microscopio tra le lacrime di dolore e quelle che scaturiscono dopo forti risate.
Questo studio inizialmente rudimentale, venne sistematizzato in un progetto, “La Topografia delle Lacrime”, che annovera una serie “tassonomica” di lacrime, le lacrime basali, le lacrime da “cipolla”, le lacrime da risata, le lacrime di dolore, le lacrime di cambiamento, le lacrime della fine e del nuovo inizio, le lacrime di liberazione, le lacrime da ricordo, le lacrime di speranza, ed altre ancora.
Tutte le lacrime contengono sostanze organiche, oli, anticorpi ed enzimi, in sospensione in acqua salata. Ma, si è visto, i diversi tipi di lacrime hanno molecole distinte: solo le lacrime emotive contengono ormoni polipeptidici, come la leucina encefalica, un antidolorifico naturale che viene rilasciato essenzialmente quando siamo stressati, e che allieva il dolore e dona sollievo.
Le lacrime al microscopio sono cristallizzate con sostanze saline e, quindi, possono assumere diverse forme, in base alla chimica, alla viscosità, alla velocità di evaporazione e, non ultimo fattore, le impostazioni del microscopio. Questo spiegherebbe perchè anche le lacrime emotive con la stessa composizione chimica possono assumere forme diverse fra loro.
Che universo, dunque, può esserci in una sola lacrima!