La pazienza è amara ma il suo frutto è dolce.
Jean-Jacques Rousseau
Queste riflessioni sono nate stamattina da una duplice fonte: la mia lezione agli studenti del terzo anno di Infermieristica di ieri pomeriggio, e alcune idee condivise con l’amico Gianni Di Quattro, per me grande esempio di vita.
La parola “pazienza” sembra non essere più scritta nel nostro vocabolario, nè esistere ancora in noi il sentimento della “attesa”. Oggi sembra che non si possa più aspettare. Perchè aspettare quando ci basta un click per un acquisto on line, laddove nei negozi ci attenderebbero interminabili code? Poco importa se quel click non ci consente il contatto fisico con ciò che vogliamo comperare, il confronto, la comparazione? L’importante è fare presto, non perdere tempo, non abbiamo mai tempo da perdere. E questa corsa interminabile verso il nulla, ci fa perdere di vista persone, sentimenti, cose, parti di noi stessi, a volte gli obiettivi stessi che ci eravamo prefissati. Pur di arrivare a raggiungere non tanto quell’obiettivo, poco importa, ma anche un altro che lo vicari, purchè lo faccia in fretta. Il nostro mondo, la nostra quotidianità non è più certo il regno della pazienza, ma aspettare, anche solo un minuto in più, genera frustrazione. Non abbiamo neppure più la pazienza che occorrerebbe nel tempo necessario a conoscere le persone. Anche lì basta un click e abbiamo l’illusione di poter sapere tutto di qualcuno. Annulliamo, davanti alla tastiera di un pc, ogni coordinata spazio- temporale. Non serve del tempo per imparare a conoscere qualcuno, non servono dei mezzi di trasporto per raggiungerci. Non abbiamo più tempo per farlo. Dietro l’angolo c’è poi altro da fare… E questo, purtroppo, l’abbiamo trasmesso ai nostri giovani: perennemente impegnati tra sports, attività, frenesie varie, non hanno più tempo nè possibilità di fermarsi per pensare. E poi, se incontrano qualche ostacolo nella vita, qualcosa che freni il loro cammino, noi adulti siamo lì pronti a risolvere l’intoppo. E’ diventato un nostro limite non riuscire più ad aspettare. La pazienza è anche presa di coscienza che è possibile la sconfitta. Amara certo, ma maestra di vita, grande maestra, laddove si è avvezzi ad ottenere tutto ed a poco prezzo, con poca fatica. Ma così la vita non insegna, così non si impara. Così si vince, ma è un “vuoto a perdere”. Il nostro “mito” di pazienza è quello di Penelope che aspettava il suo uomo e che, nell’attesa, si era ingegnata in una sciocca attività perditempo. Per noi quella è pazienza, così siamo cresciuti, con dei falsi miti. Non pensiamo, invece, che “pazienza” possa significare essere capaci di agire, pensare e valutare, mentre si aspetta. Nel bel testo “Pazienza” di Luciana Regina, edito da Mursia, la pazienza è una “tripletta” formata da: 1. Sopportazione, accettazione, tolleranza, rassegnazione; 2. Attesa pacata, aspettativa positiva, rinvio, costanza, immobilità, perseverazione: 3. Bontà, considerazione, comprensione, autocontrollo.
Ci sembra inattuale oggi che siamo tutti presi a superare velocemente gli ostacoli della vita quotidiana, eppure credo sia importante cominciare a pensare ( senza fretta!) che andrebbe recuperata, in qualche modo, come frutto dell’incontro tra forza ed attesa, per non continuare a riempire i vuoti della nostra mente non con idee proficue ma con altro spazio inutile.