La paziente, che chiamerò Anna, è una insegnante di lettere, ha 50 anni, sposata da venticinque con un ingegnere, Marco, di qualche anno più anziano di lei. La coppia ha un unico figlio maschio di vent’anni. Da sempre i tre vivono una esistenza `ritirata’, poche relazioni sociali, poche amicizie, qualche rara frequentazione per motivi lavorativi.
Si sono trasferiti dalla provincia di Bari al Nord per ragioni di lavoro e hanno deciso di non fare più ritorno al loro paese di origine. Figura dominante, in ambito familiare, è senza dubbio la madre: sembra un “guardiano” che tiene a bada tutti gli altri, persino il marito che, pur lavorando più di lei, si trova costretto a badare anche alla casa.
La visita psichiatrica è richiesta proprio dalla donna, ma non perchè ella abbia consapevolezza di essere affetta da una qualche patologia degna di attenzione “clinica”. La richiesta, assolutamente singolare, sta nell’avere necessità di una certificazione medica di “sanità mentale” da presentare al preside della scuola . Vicende recenti, in ambito lavorativo, sembrano aver slatentizzato un delirio il quale, come appurerò in seguito, dura da anni, e che coinvolge in prima persona la madre, quindi il padre, ma sembra solo come spettatore, e il figlio, come secondo “protagonista ” del delirio. Una protesta inoltrata da genitori di un alunno della paziente al preside della scuola ha dato inizio ad una serie di lamentele da parte degli altri insegnanti, i quali riferiscono stranezze di comportamento, litigi immotivati, atteggiamenti allusivi ed incomprensibili.
Nel corso del primo colloquio, durante il quale l’insegnante cerca disperatamente ed affannosamente di dimostrare la sua salute mentale, si evidenzia la complessità di un delirio strutturatosi nel corso di anni, a partire presumibilmente da dati di realtà legati all’ambiente di lavoro, ai rapporti con i colleghi, ad invidie e rivalità che appaiono, appunto, oltreché verosimili, anche probabili.
Tuttavia, l’intensità dell’ideazione è un continuo crescendo, fino al delirio strutturato, quando la paziente riferisce di controlli telefonici, sia a scuola che a casa e che possono essere confermati anche dal figlio, approcci sessuali, e molestie di ogni genere. Se non è possibile descrivere nei dettagli la complessità del sistema delirante e delle tematiche interpretative, anzitutto per motivi legati alla privacy, mi preme sottolineare, come ho potuto appurare dai successivi colloqui con i familiari, che, in effetti, il delirio è condiviso anche dal figlio, in ogni suo aspetto, anche il più bizzarro, mentre il marito è come se fosse uno spettatore partecipe ma impotente rispetto alla impetuosità della ideazione stessa.
Per due dei tre componenti il gruppo familiare è stata posta diagnosi di `follia a due’.
La sindrome `Folie à deux’ fu descritta per la prima volta da Lasegue e Falret nel 1873. Con questo termine si indicano varie sindromi in cui deliri, sopratutto di stampo paranoideo vengono trasmessi dall’uno all’ altro dei componenti di una coppia.
A seconda delle modalità di trasmissione del delirio, che non è sempre semplice, anzi a volte estremamente difficoltoso, individuare in chi sia insorto per primo, si distinguono tre tipi:
1. follia imposta, in cui un malato domina l’altro;
2. follia simultanea: ambedue collaborano indipendentemente e attivamente alla costruzione del delirio;
3. follia comunicata: il secondo soggetto dopo un periodo di induzione da parte del primo struttura un delirio maggiore ed indipendente.
Si tratta, comunque, di un disturbo psicotico indotto, la cui manifestazione essenziale è un sistema delirante che si sviluppa in una seconda persona conseguentemente ad una relazione molto stretta con un’altra (il cosiddetto caso primario), che sia già affetto da un disturbo psicotico con rilevanti deliri.
Ai fini della diagnosi è anche necessario che i temi e i motivi della psicosi siano simili, altrimenti si potrebbe più semplicemente fare diagnosi di disturbi psicotici indipendenti.
Il caso più comune è quello in cui la follia viene imposta da un soggetto psicotico primario, dominante la relazione patologica, che impone, appunto, gradualmente il suo sistema delirante all’ altro, più passivo ed inizialmente sano ( o pressocchè sano): il secondo partner si dovrebbe distinguere dal primo perchè portatore in genere di una psicosi più sfumata e mostra, per lo più, tratti di personalità suggestionabile e dipendente (Disturbo Dipendente Di Personalità).
Si tratta di coppie di persone in stretto contatto tra loro e spesso isolate dal mondo o comunque socialmente `ritirate’.
Generalmente il contenuto del delirio resta entro i confini del “possibile” ed è talora basato su esperienze comuni ad entrambi; solo raramente vengono indotti deliri bizzarri.
I deliri hanno di solito uno stampo di tipo persecutorio.
Nel caso clinico accennato si può fare diagnosi di “Folie à deux” del tipo “follia imposta”. Viene infatti riscontrato nel figlio, oltre che un delirio indotto, un disturbo di personalità di tipo dipendente-passivo.
E il marito? E’ ancora in fase di accertamento diagnostico. Per ora lo si osserva assistere ai colloqui deliranti “familiari” in religioso silenzio….