«Come una fenice, risorgerò dalle mie ceneri,
tutto ciò che mi colpisce, un giorno mi fortificherà…»
L’ araba fenice è un uccello sacro, associato al sole, fonte di energia vitale per la terra e segno di immortalità.
Classicamente aveva le sembianze di un’ aquila reale, dotata di una forza non indifferente, il cui canto rapì anche le divinità. Era proprio di essa il dono di vivere per molti secoli, forse cinque, per poi morire e rinascere con rinnovata energia.
La leggenda narra che essa sia nata dalle fiamme che ardevano in cima al salice di Heliopolis, e che il suo nome derivi dal termine “Phoinix“, il cui significato, mutuato dal greco, è “rosso” come la passione, la forza, come il fuoco che la creò.
Il collo era color oro, il piumaggio rosso e la coda azzurra. Le sacre scritture di tutte le culture in cui essa compare gli attribuiscono caratteri solari, è anche chiamata “custode della sfera terrestre” perché seguiva il sole nel suo giro.
Quando, dopo cinquecento anni di vita, sentiva il sopraggiungere della morte, si costruiva con dei rami di erbe aromatiche una pira funeraria, per adagiarvisi e aspettare che il sole le desse fuoco. Dopo l’incendio, trascorsi nove giorni, emergeva dalla cenere una nuova piccola fenice che cresceva rapidamente grazie all’energia del sole, fino a trasformarsi in una nuova radiosa e giovane vita.
La fenice è divenuto così il simbolo di una morte a termine, perchè l’uccello risorge ” dalle proprie ceneri”. Da questo è mutuato il segno della rinascita spirituale, del cambiamento e del trionfo di una nuova vitalità.
Non sempre, però, è così semplice rinascere, ricostruirsi, soprattutto quando ci si trova in condizioni esterne estremamente sfavorevoli, o quando il nostro umore è talmente deflesso che vediamo le cose in un’ottica più negativa di quanto lo siano realmente.
Così, se la nostra vita è fatta di un continuo andirivieni e di poche soste, non sempre si trova in sé la forza per ricominciare.