Fenomenologia del Desiderio

Quando pensiamo alla parola Desiderio non possiamo considerarla a sé rispetto ad un complemento di specificazione. Desiderio è sempre desiderio di altro e dell’altro. La specificazione guida verso l’oggetto del desiderio ( che, ovviamente, può essere rivolto verso un altro soggetto ed allora è desiderio intersoggettivo), ma non ne specifica l’intensità.
Secondo Jacques Lacan “il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’Altro, in cui “dell’” è la determinazione che i grammatici chiamano soggettiva, cioè che egli desidera in quanto Altro (la vera portata della passione umana).
Il nostro desiderio è dell’altro nel senso che desideriamo l’altro da noi, ciò che non ci appartiene già ( mentre, spesso, purtroppo, non proviamo più desiderio per ciò che già ci appartiene). Ma può esserlo anche nel senso che il desiderio appunto è dell’Altro: non siamo più noi il soggetto desiderante, ma è l’Altro a desiderare, e questo Altro è l’inconscio e le sue funzioni. È lui a desiderare. È lui l’Altro, quello che Lacan scrive con la maiuscola, per distinguerlo dall’altro in quanto prossimo.
Secondo la “legge del desiderio”è l’agire che ci dice di comportarci secondo il nostro desiderio, ed è l’unica cui dare ascolto senza indugi. .
Il nostro desiderio è dell’altro nella misura in cui siamo portati a desiderare ciò che gli altri desiderano, le mode, gli stili di vita, il futuro, Il desiderio diviene, insomma, desiderio mimetico. In questo senso la domanda originaria del desiderio non è: “Cosa voglio?”, ma: “Cosa vogliono gli altri da me? “.
E’ come se fosse il desiderio stesso a desiderarci, il che ci fa sentire soggetti attivi ed insieme passivi di esso: il desiderio di essere desiderati.
Desiderare l’altro significa anche che il nostro massimo desiderio è suscitare il desiderio di un altro che ci desideri.
Impossibile dimenticare Dante, che in un unico verso narrò la forza di un amore che spinge ad amare a nostra volta.
Ma è stato Hegel che, nella Fenomenologia dello spirito, ha dato sostanza riflessiva a quel sentimento, comprendendo quanto fondamentale sia per la nostra vita il processo di riconoscimento reciproco.
Pur di essere riconosciuto per chi sono, sono disposto a cedere parte della mia libertà. Sono, assieme, servo e padrone, nel processo di autocoscienza.
L’essere umano, osserva Lacan, non è retto solo dal desiderio di sapere ma anche da quello, insopprimibile, di ignorare. Perchè la verità è segreto, desiderio, pausa, interruzione, silenzio, ed è nel vuoto della parola che si lascia respirare il pensiero che tuttavia non può emergere che nel luogo del continuo confronto con chi sa ascoltare.

Jacques Lacan (1966), Soggetto e desiderio nell’inconscio freudiano, in Scritti, a cura di Giacomo B. Contri, Einaudi, Torino 1974 e 2002, vol. II, pag. 817.
Jacques Lacan (1975), Il Seminario. Libro XX, Einaudi, Torino 1983, pag. 5.

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