La morte di Dio costituisce uno dei motivi filosoficamente centrali del pensiero di Nietzsche. Dio per il filosofo rappresenta il simbolo di ogni prospettiva ultraterrena e la personificazione di tutte le certezze dell’umanità, la sintesi di tutte le illusioni e delle credenze religiose elaborate attraverso i millenni per dare un senso e un ordine rassicurante alla vita.
Dunque, per il filosofo la concezione di un universo ordinato e retto da un Dio che è provvidenza è soltanto una costruzione della nostra mente per poter sopportare il peso dell’esistenza. Di fronte ad una realtà che, secondo Nietzsche, risulta contraddittoria e disarmonica, gli uomini hanno quasi dovuto convincere se stessi che il mondo è qualcosa di provvidenziale, se le religioni esercitano degli “esorcismi protettivi” nei confronti di un universo che danza sui piedi del caos. Questo per Nietzsche rappresenta un errore a cui porre riparo solo mediante l’ateismo assoluto.
Lo scopo non è, però, dimostrare che Dio non esiste, ma prendere atto del declino delle fede in Dio. Si afferma nell’accezione comune che Dio ama gli uomini perché li ha creati, ed invece, è l’uomo che crea Dio e perciò lo ama. Ogni creatore ama la sua creatura. Zarathustra si propone di annunciare che “ Dio è morto “, mentre chi è senza Dio può danzare e rovesciare le vecchie tavole di valori.
Nella morte di Dio il filosofo intende disconfermare la metafisica platonica che si è irrigidita nel neoplatonismo e che si è perpetuata nella teologia cristiana, e secondo la quale a un mondo terreno si contrappone il mondo soprasensibile.
“Le parole “ Dio è morto “ significano : il mondo soprasensibile è privo di forza efficace. Non dispensa vita”….”Un tempo il peccato contro Dio era il peccato più grande, ma Dio è morto e quindi sono scomparsi anche i peccatori”.
La morte di Dio è un processo necessario come direbbe Hegel, una condizione necessaria per l’affermarsi del Superuomo, ma il senso del nulla dopo che gli uomini hanno ucciso Dio lascia intendere che Dio in un certo senso era necessario. Sebbene con risultati diversi, il concetto della morte di Dio è centrale anche nella filosofia di Hegel.
Da ciò, si comprende l’importanza che assume l’idea della coscienza infelice, lo stadio che lo spirito deve superare per potere procedere ad una coscienza più felice. L’antitesi è necessaria per poter arrivare alla sintesi. La sintesi è la felicità e per potere giungere a questa felicità è necessario passare per l’infelicità.
Per Nietzsche la morte di Dio costituisce una punto di non ritrovo, per Hegel no. L’idea di coscienza infelice è legata all’idea di soggettività. Nel provare dolore l’uomo avverte la propria soggettività. La morte si comporta negativamente solo riguardo al negativo ; sopprime soltanto ciò che è nulla, è la riconciliazione del soggetto con l’assoluto ; negando il negativo essa è l’affermazione dell’assoluto. Morte che è necessaria al rinnovamento della vita.
La vita stessa è volontà di potenza, iè il continuo superamento di se stessa.
D’altronde, in Hegel, se si parte dal presupposto che l’essere in quanto tale è volontà di potenza, si deve concludere che persino colui che si trova assegnato alla figura del servo si trova al fondo la volontà di essere padrone : padroneggiare e sottomettere con la sua vita le altre vite, che ritroviamo nella Fenomenologia dello Spirito a proposito dell’autocoscienza, con le due figure delle Signoria e della Servitù: il padrone si rivela il servo del servo, e il servo padrone del padrone.
Il servo accetta la propria condizione ed è proprio in questo che egli diventa il padrone del padrone. Accettare il negativo, dice Hegel, costituisce un farsi del positivo : il servo, nell’accettare la propria condizione e nel lavorare ( anche se lavora per il padrone ), riconosce se stesso e si realizza.
Tutti questi aspetti portano a delineare la figura del “ superuomo “, anzi “ oltreuomo “: non essendoci più un Dio che dica all’uomo che cosa deve fare, l’uomo deve giungere con un salto ad un superamento di se stesso, abbandonare i vecchi codici di valori e le prescrizioni legate a essi, che riducono la vita ad un puro nulla e superare l’uomo così come è stato fino ad ora, una fase transitoria, paragonata da Nietzsche ad “ una corda tesa fra la bestia e il superuomo “
Il superuomo non si trova più, come era l’uomo, tra la realtà divina e quella animale, ma poggia, finalmente, soltanto su se stesso.
Bibliografia :
Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Oscar Mondadori, Milano, 1992 ;
Hegel, Fenomenologia dello Spirito, Bompiani, Milano, 2000 ;
F. Masini, Lo scriba del caos, Mulino, Bologna, 1978 ;
J. Wahl, La coscienza infelice nella filosofia di Hegel, Ed. Laterza, Bari, 1994
