“Non si nasce donna, lo si diventa”. Era questo lo slogan di Simone de Beauvoir ne “Il secondo sesso” del 1949. Un grande esempio di donna per tutte noi, per le sue battaglie, politiche e personali, per i suoi romanzi, per il suo modo di essere: o la si amava o la si odiava. O si era con lei, o si era contro di lei. Per la sua determinazione nel perseguire l’ideale di libertà. La propria libertà non poteva prevaricare quella altrui («Solo la libertà dell’altro è capace di necessitare il mio essere», scriveva nel 1947 in Per una morale dell’ambiguità). Ancora oggi, dopo anni dalla sua scomparsa, Simone de Beauvoir continua a suscitare interesse ma anche tante polemiche.
Con “Il secondo sesso” del 1949, la scrittrice si pone l’obiettivo di “scardinare” la dominazione maschile e l’unica possibilità che ha la donna per farlo è di celebrare l'”universalità” della ragione. L’asse portante della nostra vita non può più essere la categoria “uomo” e “donna”, ma la possibilità di accedere ad un ambiente “neutro”, rappresentato dalla ragione. La ragione non ha “sesso” ed anche quando “ha” un corpo, non “è” mai il corpo in cui si incarna.
In completa opposizione ad una tradizione filosofica millenaria secondo la quale esisterebbero due essenze radicalmente differenti, quella femminile e quella maschile, la filosofa francese si batte contro l’idea che le donne siano, per loro stessa natura, sprovviste di autonomia morale e incapaci di argomentare. L’obbedienza, la fedeltà e la sottomissione non sono “virtù” femminili. il sesso per la donna non può essere la sua “condanna”: il destino di dover diventare moglie e madre e, da anziana, non più fertile, di doversi togliere di torno.
Se « L’uomo è Soggetto, l’Assoluto: lei è l’Altro», per la de Beauvoir quell'”altro” deve significare un qualcosa di diverso rispetto ad un semplice corpo programmato per la sessualità e la riproduzione. La donna può e deve aspirare ad altro che non sia la sessualità finalizzata alla riproduzione e questo “altro” è la sua razionalità. Le donne devono, quindi, imparare a “costruirsi” e a decidere ogni giorno della propria vita. E questo non può prescindere dal mettersi in discussione e dallo svelare le proprie fragilità, che rappresentano un’arma e non un “vulnus”.
Il sesso femminile non può essere un destino predeterminato, così come non lo è quello maschile, ma deve diventare una costruzione di sé, dei propri valori e del proprio essere.
Liberarsi, dunque, dall’idea di “istinto”come sintomo di irragionevolezza ed affermarsi al fianco degli uomini, senza rinunciare alla propria unicità.
La Donna di oggi, finalmente, sta imparando a vivere senza “ricette”, ma consapevole della necessità di salvaguardare e difendere la propria libertà, continuando, ogni giorno, a lottare.