Il medico considera essenziale conoscere l’uomo prima di tentare di curarlo. Dovunque vi siano cuore e intelletto, queste parti dell’uomo coloriscono le malattie della sfera fisica con le loro caratteristiche.
Nathaniel Hawthorne
E’ esperienza comune in ognuno di noi identificare le emozioni provate in base a sensazioni fisiche. Quando diciamo di sentire il cuore in gola o lo stomaco chiuso se aspettiamo il verificarsi di un evento atteso, oppure ci sembra di essere paralizzati dalla paura di fronte a qualcosa che ci intimorisce, oppure ancora arrossiamo per l’emozione o la rabbia, rimandiamo continuamente al corpo ciò che non è primariamente una esperienza corporea.
Il corpo, in realtà, che lo vogliamo o no, che ce ne accorgiamo o meno, è sempre il protagonista di tutti gli eventi psichici, come una vera e propria “unità somato-psichica” , che comporta una profonda ripercussione del benessere fisico sugli stati d’animo e viceversa una profonda influenza delle emozioni sul corpo e sul suo benessere. Questo tanto da richiedere che qualsiasi malattia fisica venga indagata non solo da un punto di vista medico e psicologico, ma anche considerando l’aspetto emotivo che l’accompagna.
Se, però, a livello medico ragioniamo in questi termini, queste affermazioni non sono affatto scontate a livello filosofico.
Il dibattito rispetto al problema del rapporto tra mente e corpo, potrebbe, fondamentalmente, essere diviso in tre fasi:
1. Tra la filosofia greca e Cartesio
Questo periodo comprende la filosofia antica, medioevale e rinascimentale. Durante questa fase più che di rapporto mente-corpo occorre parlare di rapporto anima-corpo, laddove anima è il principio di vita, la vita stessa, mentre il corpo è la materia inanimata, la materia senza vita.
Platone è il primo fautore di una posizione dualistica: anima e corpo sono due sostanze distinte ed indipendenti. L’anima è immortale ed esiste sin da prima del corpo al quale è stata “incatenata”. L’anima è il centro della vita intellettiva ed etica dell’uomo, rappresenta l’essenza stessa dell’uomo.
Aristotele, pur concentrandosi sul significato di anima come vita, ritiene che essa non possa essere separata dal corpo. Addirittura ipotizza che l’anima sia depositaria di quelle capacità che consentono all’organismo di vivere.
Durante il Medioevo il rapporto anima-corpo viene dibattuto tra religione e filosofia nel tentativo di costruire una filosofia cristiana che conciliasse l’idea dell’immortalità dell’anima e della mortalità del corpo, con quella dell’uomo inteso come totalità di anima e corpo.
Con il Rinascimento viene posto l’accento sull’anima ed il suo rapporto con la vita: il concetto di anima viene esteso a tutta la natura.
2. Da Cartesio all’epoca contemporanea
Nel corso del Seicento la scienza moderna proporrà un’immagine della natura inanimata, fatta di corpi che si muovono seguendo leggi meccaniche .
Secondo Cartesio, gli animali si muovono solo per una disposizione dei loro organi.
L’anima è priva di funzioni vitali e ridotta a pensiero, a ragione ad autocoscienza. Il problema mente-corpo assume le dimensioni di un problema del rapporto tra processi fisico-fisiologici e processi psichici.
Cartesio distingue il corpo, inteso come macchina, la materia che ha un’estensione, dall’anima che pensa, ma è priva di estensione e interagisce con il corpo a livello della ghiandola pineale.
Il corpo comincia ad essere considerato una macchina idraulica, al cui funzionamento viene data un’interpretazione meccanicistica.
La mente è sede delle idee, che possono derivare dai sensi, dalla memoria o dall’immaginazione, costituendo il legame tra mente e oggetti, oppure possono essere innate sorgendo direttamente dalla mente come principi basilari che devono essere scoperti dall’uomo a partire dall’esperienza.
Gli empiristi inglesi mettono da parte i problemi dell’essenza della mente per dedicarsi allo studio dei suoi processi ed effetti, mentre gli ideologi francesi sviluppano lo studio del corpo come macchina autosufficiente in grado di funzionare, indipendentemente dalla mente, per poi giungere a considerare l’uomo come totalità animata.
Locke, Hume e Kant pur non negando l’esistenza dell’anima, distinguono tra i prodotti dell’anima, processi ed effetti, e sostanza che la compone. I primi sono di pertinenza scientifica, i secondi sono analizzabili attraverso la metafisica.
La prospettiva di tali autori prende in considerazione non l’entità “mente” ma l’attività, gli stati o le funzioni mentali da un lato e, dall’altro, lo studio dei rapporti mente-corpo.
Hume individuò nelle associazioni i processi fondamentali che regolano l’intelletto, mentre il compito di analizare i legami tra mente e corpo fu affrontato da un medico, Hartley che, pur adottando una posizione dualistica, si muove nella scia del programma enunciato da Locke che aveva più volte affermato l’esistenza di un’interazione tra corpo e operazioni dell’intelletto.
Al contrario, la scuola francese studiò l’uomo come parte integrante della natura, e più che alla mente gli studi erano rivolti al corpo ed alla materia.
Secondo La Mettrie il cervello ha i suoi “muscoli” per pensare, esattamente come le gambe hanno i loro per camminare, cioè la mente non è altro che una proprietà della materia.
Cabanis (1802) sostiene che il pensiero sta al cervello come il succo gastrico allo stomaco.
Nella sua concezione assume importanza preminente il ruolo del sistema nervoso, che regola ogni parte del corpo e che, nello stesso tempo, attraverso gli organi di senso, raccoglie le impressioni dal mondo con cui l’individuo si relaziona.
Ma anche il sistema nervoso è soggetto a tutte le leggi che regolano ogni altra parte del corpo, essendo del corpo parte integrante. Pertanto, a livello filosofico, l’unità dell’uomo è definitivamente affermata.
3. Nell’epoca contemporanea, l’approccio fisiologico
La medesima conclusione è valida anche se ci poniamo da un punto di vista fisiologico. Il sistema nervoso, endocrino e immunitario comunicano tra loro: la mente, le emozioni e il corpo non sono entità separate, ma interconnesse: i messaggeri chimici che operano sia nel cervello che nel sistema immunitario sono anche quelli più frequenti nelle aree neurali che regolano le emozioni.
David Felten sostiene l’esistenza di una via diretta che permette alle emozioni di avere un impatto sul sistema immunitario. Egli, partendo dall’osservazione che le emozioni hanno un potente effetto sul sistema nervoso autonomo , ha scoperto che le cellule immunitarie possono essere il bersaglio dei messaggi nervosi. Sembrerebbe che una condizione mentale serena determini una minore probabilità di ammalarsi e, in caso di malattia, un miglioramento più rapido del quadro patologico.
Seligman (1990) ritiene che l’ottimismo possa influenzare la salute mantenendo le difese immunitarie più attive: avere uno spirito combattivo di fronte ad una malattia aiuta di più che essere depressi e passivi anche perché si mettono in atto dei comportamenti preventivi e curativi più adeguati e veloci.
Goleman (1995) ha dimostrato scientificamente che curando lo stato emotivo degli individui insieme alla loro condizione fisica, è possibile un miglioramento sia a livello di prevenzione che di trattamento.
Ma già gli antichi latini erano soliti pensare che ci fosse una reciproca influenza tra benessere fisico e benessere psicologico (“mens sana in corpore sano”).
Da questo appare evidente quanto sia importante che la medicina si occupi di curare il soggetto che soffre nell’interezza della psiche e del corpo, opponendosi a quel tipo di cultura scientifica che si occupa più di curare l’organo, come se il malato si identificasse con la sua malattia.
Lo stesso Galimberti (1992), sostiene che la medicina psicosomatica, oltrepassando il dualismo psicofisico, che separa il corpo dalla mente, guarda all’uomo come un tutto unitario, dove la malattia si manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio. La medicina psicosomatica ribalterebbe, allora, lo schema classico che prevedeva la lesione dell’organo quale causa della sua disfunzione, a sua volta causa della malattia, nello schema secondo cui uno stato di stress di varia origine potrebbe generare una disfunzione d’organo, causa del fondamento lesionale, a sua volta causa della malattia.