La vita di noi sopravvissuti

Siamo tutti un po’ dei sopravvissuti alla vita. Chi per un motivo, chi per un altro, chi per ragioni che egli neppure conosce, chi lo scoprirà col tempo. Sopravvivere può voler dire tante cose, come campare, mettersi in salvo, salvarsi, rimanere, cavarsela, scamparla, guarire…significati che sottendono un eventuale pericolo di vita che è passato, consentendo a chi ha attraversato quel pericolo, di poter ancora apprezzare i piaceri della vita.
Ma si può anche morire e “sopravvivere nel ricordo” di chi ci ha amato, esattamente come fossimo lì, presenti in carne ed ossa, a dimostrare ancora ciò di cui siamo stati capaci ( o non siamo stati capaci) di fare.
Ma sopravvivere è anche vivere oltre e nonostante un dolore che pensavamo potesse annientarci, eppure, tra mille ferite, ci ritroviamo ancora vivi.
Sopravvivere ad un terremoto, ad un evento naturale particolarmente disastroso, ci consente di essere rimasti, seppur dolorosamente, e di avere conservato la capacità di poter guardare le macerie della nostra vita. Eppure salvi.
Sopravvivere ad una delusione è quando scopriamo qualcosa che non immaginavamo possibile, e questo dolore della scoperta avrebbe potuto ucciderci, rasi dalle fondamenta di un mondo di certezze.
Ma quale è il vissuto di chi sopravvive? Incredulità nell’evento, speranza nel futuro, che può assumere addirittura caratteristiche “simil-deliranti” di onnipotenza quando vediamo solo rovine attorno e nonostante questo, pensiamo sia possibile ricominciare. Nonostante tutto.
Credo sia profondamente diverso il vissuto di chi ha vissuto secondo dei saldi principi morali, di chi, se ha potuto, ha fatto del bene, è stato onesto con se stesso e con gli altri. Di chi non ha ingannato, non sapendo di ingannare, almeno. Di chi insomma, se non fosse sopravvissuto, sarebbe stato ricordato come un uomo “giusto”.
Diverso il destino di chi ha ingannato, svicolato e deragliato dai percorsi della vita, di chi ha deriso chi aveva vicino, di chi non ha saputo imparare ad amare pur avendo vicino dei modelli d’amore. Di chi ha finto, ha raccontato mille bugie per nascondere e per nascondersi. E per truffare. Egli, se non fosse sopravvissuto, sarebbe stato ricordato come uomo “ingiusto”, a meno che, scaltramente, avesse tenute nascoste le sue prodezze così bene da poter essere considerato comunque “giusto”.
Mi viene da pensare a quanto possano essere fortunati soprattutto quelli appartenenti alla seconda categoria.
Più che quelli della prima che, per temperamento ed inclinazione, non continueranno se non a fare del bene, come hanno sempre fatto, a questi la vita concede una seconda possibilità, che va oltre l’essere sopravvissuti: la possibilità di riscattarsi agli occhi altrui ma soprattutto ai propri.
Quando, guardandosi nel fondo della propria anima e accorgendosi di quanto agitati e a volte ignobili, siano i loro vissuti, si sentano finalmente pronti ad affrontare una nuova “vita”. Perchè, solitamente, “tertium non datur”.

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