La mia Pasqua

La Pasqua non ha il potere di evocare in me quel senso di malinconica nostalgia come accade ancora oggi, dopo anni da quando non ho più la mia famiglia, con il Natale.
Le festività pasquali erano brevi, quelle natalizie più lunghe. E le vacanze a scuola anche. Natale era la festa da passare in casa, ma per me anche Pasqua lo era. E la domenica a pranzo la mitica apertura delle uova. Da brava figlia unica da piccola ne ricevevo una quantità spropositata, che aprivo velocemente, una dopo l’altra, senza gustare le sorprese che il più delle volte passavano nel dimenticatoio. Andavo matta per i gioiellini, forse come tutte le bambine, che ben presto annerivano. Quella che rapiva la mia attenzione, anche a distanza di giorni, era la cioccolata, rigorosamente al latte, meglio ancora con le nocciole. Ero capace di mangiarne quantità smisurate da mal di pancia o da acetonemia, a seconda dei casi.
Il calore della mia famiglia, lo ritrovavo anche in quelle attenzioni, seppure effimere, verso di me. Ma a volte anche l’effimero, senza trascurare il profondo, ha una valenza affettiva.
Poi sono cresciuta, le uova si sono ridotte di numero ma non in dimensioni. E, purtroppo, anche la mia famiglia ha iniziato a ridursi: prima le nonne, poi la tata Graziella e, via via, i genitori. L’ultimo uovo me lo comprò mamma, dando la commissione a qualcuno perchè non usciva più di casa. Sono felice di aver trascorso quell’ultima Pasqua con lei: non si è mai troppo grandi per ricevere una sorpresa, ma anche per farla. Io le avevo comperato un orologio che, però, non fece in tempo ad indossare.
Dovremmo ricordarcene, di queste sorprese, ogni giorno della nostra vita! Buona Pasqua

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