Dove è finito l’Amore

Ce lo chiediamo, a volte. Me lo chiedo, spesso. La domanda è spontanea quando ci si ferma anche solo un attimo a riflettere. L’Amore descritto ed esaltato dai più grandi poeti, l’amore cantato e scolpito dagli artisti. Quello romantico, passionale, intimo, affettuoso o “spinto”, più erotico. L’Amore che coinvolge e stravolge, che quando lo si “sente” sembra poterlo toccare con mano. Scambio di alchimie fantasiose, o interfaccia di molecole chimiche, a seconda di chi l’abbia studiato, i filosofi o gli scienziati, sembra essere sparito nella nostra epoca. Oppure confuso, avvezzi ormai come siamo a chiamare con il termine Amore sentimenti del tutto diversi. L’Amore si è modificato attraverso le varie epoche, subendo trasformazioni col passare del tempo. C’è stato uno scambio ( ed anche una confusione) di ruoli e di generi. Il maschio, dedito alla caccia per la femmina e per il mantenimento della prole, la femmina dedita alla cura del focolare e alla crescita dei figli. Oggi il maschile, spesso, non sa più a cosa sia dedito, assume caratteri “femminilizzati”, ed il femminile si confonde col maschile, diventando sempre meno accudente e sempre molto più rude. Si potrebbe, insomma, esagerando, dire che l’un sesso ha acquisito le peggiori caratteristiche dell’altro.
Fino ad arrivare all’Amore vissuto ( o meglio, non vissuto) in rete.
In realtà si ha sempre più paura di confrontarsi “vis a vis” con l’altro, paura, come inevitabilmente accadrebbe, di mostrare le proprie debolezze con una frequentazione quotidiana, paura che di queste debolezze l’altro ne possa fare punti di forza. Paura di non essere accolti, accettati, amati. Meglio, quindi, mostrarsi in rete, meglio che lo schermo di un pc faccia da scudo al nostro essere. Meglio toccare la propria pelle e magari mostrarsi in cam, che toccare la pelle dell’altro, che ci potrebbe, toccandoci, ferire. O che potremmo ferire, ma si ha di solito più paura, com’è ovvio, per la propria incolumità psicologica. A volte non si è nemmeno consapevoli di poter far male, in un’epoca in cui l’egoismo la fa da padrone. In cui si venera il proprio Io piuttosto che un “dio”, come vuole lo psicanalista Recalcati. E allora vivere le relazioni così, in un superficie, è più agevole, meno coinvolgente. Darsi una visibilità diversa, mostrare la propria superficie per impedire che l’altro usi ed abusi della nostra profondità, in un mondo in cui i rapporti interpersonali sono diventati sempre più fluidi e mutevoli, come sostiene il sociologo Bauman senza necessità di un contenitore che contenga e trattenga in sé il liquido, perché gli darebbe una forma e non si vogliono più forme, né etichette, né definizioni, se non improprie.
E quando, poco spesso, accade che queste “relazioni” prendono una forma concreta, quando si decide di passare dal virtuale al reale, di incontrarsi dal vivo, insomma, il più delle volte il “mito” crolla.
Ricordo una mia paziente che, dopo un matrimonio fallito miseramente con un uomo che abusava psicologicamente e fisicamente di lei, aveva deciso di intrattenere relazioni simil-sentimentali solo in rete e le poche volte che decideva di incontrare questi uomini, ne rimaneva inevitabilmente delusa… non chiedendosi se, a sua volta, poteva essere lei a deludere. Era arrivata, dopo anni di vessazioni, a costruirsi uno schermo difensivo ed a pretendere che l’uomo rispondesse perfettamente ai suoi canoni ideali, trascurati per troppo tempo.
Ecco, in relazioni del genere, si fa sempre più fatica a trovare anche la più pallida ombra della coppia come la intendeva Sternberg, costruita su un triangolo equilatero fatto di comunanza di Intimacy, Committement e Drive. Una coppia ideale, che, nella sua perfezione ed esatto equilibrio dei tre lati, può addirittura minare la coppia reale. La coppia reale è quella che il più possibile si avvicina a quella ideale, riuscendo però, a personalizzarsi, discostandosene. Una coppia in cui ci si “tocca” il cervello, l’anima ed il corpo. Una coppia in cui non ci si passa vicino, a volte senza sfiorarsi, ma in cui si crede che la presenza dell’altro sia il completamento di due identità distinte e separate, che decidono di fare un percorso di vita in comune.
Ecco dov’è finito l’Amore.
Bisognerebbe solo ritrovarlo. E quando trovato, dirselo: potrebbe non esservi un domani.

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