L’incontro

Si erano dati appuntamento, così, per caso, per gioco. I loro occhi s’erano incrociati, per caso, per gioco. Si erano studiati, ma, in apparenza, senza fare tanta attenzione. Anzi, l’imbarazzo della prima volta, il non sapere quasi nulla l’uno dell’altra, il non sapere bene cosa dire. La paura di sbagliare. Tutto poteva giocarsi in quel momento. I primi istanti di un incontro sono quelli decisivi. Aveva letto che “Non c’era una seconda possibilità di fare una prima buona impressione”. E poi quel caffè che lasciarono raffreddare. Le loro bocche seguivano gli sguardi ed erano quelli che andavano, piano piano a sorseggiare, piuttosto che il liquido scuro. Nessun contatto fisico, solo una stretta di mano, la speranza di rivedersi. Uno scambio di mail, poi messaggi, poi telefonate. Poi emozioni. Scombussolati, increduli, dubbiosi. Una attrazione che paralizzava le membra, incollava al pc, rendeva assordante il suono dell’arrivo di un messaggio. Emozioni, forse. Sensazioni, senz’altro. Ma di una fisicità che era già cerebrale. Anzi…proprio a partenza cerebrale. Scoprirsi? Denudare la propria anima? Così difficile oggi farlo, non sapendo chi si ha di fronte, anzi, temendo che chi si ha di fronte sia proprio l’opposto di chi ci si aspetta. E poi crebbe tutto, velocemente. Fu spontaneo sfiorarsi, arrivando al profondo. Quel filo rosso delle leggenda giapponese sempre più tenace. Chissà quanto sarebbe durata…ma non era il momento di chiederselo. Certi sentimenti, al di là del tempo e dello spazio, vale sempre la pena averli vissuti

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