Non ammazziamo il tempo!

“Ammazzare il tempo” credo sia una delle espressioni peggiori che possiamo usare. E il tempo ammazzato diventa, inevitabilmente un tempo ” morto”, colmo di noia.
Della inutilità dei tempi morti e della necessità di “ravvivarli”, forse ci accorgiamo quando, andando avanti con gli anni, di tempo ne abbiamo sempre meno. E non intendo solo di tempo che ci resta da vivere. Gli impegni, inevitabilmente aumentano e le giornate sembrano non bastarci mai…
In realtà ci hanno insegnato a misurare il tempo in modo banale, e forse è per questo che lo sottovalutiamo.
In un qualsiasi dizionario della lingua italiana leggiamo che il tempo è definito come “La durata delle cose, misurata a periodi, specialmente secondo il corso apparente del sole”. Dunque una misura oggettiva del tempo, che scorre indipendentemente da noi. E il tempo soggettivo? Quasi nessuno lo considera. Quasi nessuno si chiede se quello scorrere del tempo lo si vive come vorremmo.
Se, soggettivamente, lo percepiamo nelle nostre corde.
Salvo poi considerare, a posteriori, di “aver perso tempo”.

L’otium dei latini era la condizione dell’individuo privilegiato, padrone di schiavi, padrone della propria e dell’altrui vita, della persona che non era costretta a lavorare per sopravvivere, e poteva godersi le bellezze ed il lusso.
L’ ”otium” non era, allora, lo stato del “fannullone”, ma una condizione privilegiata, appartenente ad un’élite che non doveva fronteggiare le difficoltà per la sopravvivenza materiale.
Oggi, solo in parte è così: non tutti detengono il privilegio di avere molto tempo libero disponibile ( e non da “ammazzare”), da poter spendere in “diverse” e “divertenti” attività (la radice etimologica di“diverso” e “divertente”, è la medesima: derivano dal latino “di-vertere”, “deviare”, “variare” ).
Un tempo per abbracciare il piacere, la bellezza, il godimento, l’intelligenza, la cultura, l’arte, la felicità.
Il tempo da dedicare all’amore.
Potremmo dire che tutto il tempo che sottraiamo all’amore è tempo perso…e per amore intendo non solo l’amore di coppia, ma il sentimento, in qualche modo universale, con cui dovremmo colmare ogni nostra azione.
Esempio di conversazione vacua è quella che verte sul “tempo” metereologico, oggetto di conversazione, quando non c’è altro da comunicare.
Un modo per uscire dal vuoto dell’incomunicabilità, dalla povertà intellettuale, ma che fa sprofondare nell’abisso dell’ovvietà e della noia, l’accezione negativa di otium.
Così si crede di “temporeggiare”, “prendere tempo”, pensare ad altro, in attesa che qualcosa ( ma cosa?) accada.
E’ così che si “ammazza” davvero il tempo.

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