Filosofia morale: l’etica come studio dell’uomo

Alla base di ogni ragionamento filosofico che coinvolga la nostra vita non può che esserci la vita stessa. Ma quale vita? Non certo, o almeno non solo quella biologica, che, in qualche modo accade, seguendo dei “percorsi” indipendenti dalla nostra volontà. Quella che ci interessa, in questa sede, è la vita morale, o meglio, la dimensione morale dell’ esistere, laddove agiamo ma abbiamo il dovere di rispondere delle nostre azioni. La dimensione morale riguarda tutti e attraversa ogni momento della vita. L’etica (o filosofia morale) è l’ insieme delle riflessioni con le quali si tematizza la vita morale, una esperienza storica perché è sempre “dentro la storia” ed è a sua volta un fattore di storia, in quanto, generando un mondo morale, introduce una dimensione di senso e di valore nel divenire della natura. Il mondo morale riguarda tanto gli aspetti buoni che quelli malvagi della vita, che concorrono alla creazione di quel mondo morale che parte dalla storia della singola persona per arrivare a coinvolgere l’intera società.
La problematicità del mondo “morale” odierno sta nel fatto che, da un lato nell’ epoca attuale si rinvia continuamente all’ etica, che viene considerata come una specie di garanzia per alcune questioni fondamentali della vita pubblica, dal lavoro all’ economia, all’ ambiente; dall’ altro, si prende atto che dalla crisi della ragione moderna sembra essere derivato un offuscamento delle evidenze etiche, per cui sembrerebbe che il “ben fare” sia più lasciato alla iniziativa del singolo, che non ad un dovere comune.
Nella modernità l’opposizione tra il paradigma illuministico, che assegnava al supremo tribunale della ragione il compito di dominare la natura ed il paradigma romantico che invitava invece, in nome del primato insondabile del sentire, a ricercare una vocazione morale modulabile secondo la misura della propria autenticità espressiva era stato netto.
Sul costume contemporaneo pesa l’ eredità irrisolta di questo dilemma: nella vita pubblica s’ invocano modelli rigorosamente normativi che pongono un vincolo alla libertà dei singoli o delle istituzioni, mentre nella sfera privata prevalgono comportamenti ispirati all’ autonomia, al limite del soggettivismo.
Il mondo morale, più che essere interpretato pluralisticamente, appare come uno dei mondi possibili in cui entrare o uscire a proprio piacimento.
In ogni epoca la persona umana è immersa in un mondo morale. L’ uomo antico aveva la possibilità di agire bene o male con clave e spade, l’ uomo contemporaneo può farlo schiacciando qualche bottone su un computer.
La vita morale, dunque, è fatta da noi e non deriva direttamente da condizioni esterne, in parte, accade per la vita naturale.
La filosofia morale è, dunque, parte viva di una comunità umana e soprattutto deve cercare di esserlo sempre.
Una distinzione che risale alla tradizione platonica , ha articolato la filosofia attorno a tre ambiti fondamentali:
1. Filosofia naturale ( o fisica, quindi teoretica) , volta all’ intelligenza dell’ essere ;
2. Filosofia razionale (o dialettica, o logica), volta alla scienza del vero e del falso;
3. Filosofia morale (o pratica, o etica), che riguarda l’ azione.
Essa assume come proprio oggetto di studio l’ insieme delle azioni, dei comportamenti che costituiscono la condotta umana. In quanto filosofia, l’ etica deve possedere i requisiti tipici della concettualità filosofica:
• La razionalità critica , capace di dar conto di se stessa e di problematizzare il mondo dell’ esperienza;
• Il rigore metodologico che non lascia nulla alla casualità o all’ improvvisazione;
• Un processo di unificazione del molteplice e di ricerca del fondamento, volto a guadagnare un orizzonte di universalità.
Lo sguardo critico della filosofia morale deve essere capace di assumere l’ intero orizzonte della moralità , senza fermarsi alla sua superficie o omettere aspetti rilevanti, senza instaurare un rapporto con il proprio oggetto per difetto o per eccesso, poiché nel primo caso si corre il pericolo del riduzionismo, che consiste nel ridurre la complessità della vita morale a un livello più elementare , non più propriamente morale; nel secondo si può correre il pericolo del moralismo , che consiste nella pretesa d’ imporre alla condotta umana norme importate dall’ esterno.
Ecco che, allora, la filosofia morale si dispiega in tre diverse coordinate di approfondimento:
• In altezza, l’ etica deve misurarsi con la possibilità di conoscere la differenza tra bene e male;
• In profondità , l’ etica esplora le proprietà che consente di riconoscere un essere umano come soggetto morale;
• In larghezza , l’ etica entra in dialogo con quelle dimensioni che investono il vivere civile, dalla sociologia alla politica, per accertare la ricaduta esterna dell’ agire morale e di conseguenza l’ interdisciplinarietà.
Per gli antichi il primo indicatore di moralità è rappresentato dalla differenza tra due gradi estremi , rispetto ai quali l’ agire può attestarsi; il bene, secondo Aristotele può essere definito come ciò a cui tutto tende, il male, come ciò che deve essere evitato. Mentre il bene racchiude in sé una misura assoluta di perfezione, che esclude per principio qualsiasi contaminazione negativa, il male è essenzialmente direttività, anche a livello minimo. Non esiste un male ontologico in sé, come entità opposta ed autonoma rispetto al bene, ma esistono aspetti “malvagi” ( in noi e negli altri) che possiamo esplorare in opposizione al bene. Tale asimmetria attesta l’ autonomia del bene ; il bene può essere definito in base a se stesso , mentre la negatività del male è una nozione esplorabile solo per opposizione del bene. Accanto alla differenza fra bene e male, il pensiero filosofico si trova a prendere posizione anche intorno alla possibilità di differenziare internamente la scala del bene e quindi , di riflesso, anche quella del male.
È in sé male, ad esempio, in nome dell’ integrità fisica, amputare un arto, ma è un male minore amputare un arto per evitare un’ infezione che esporrebbe a un pericolo di vita.
La vita morale, allora, è una qualità specifica dell’ umano. A differenza dell’animale, l’ essere umano può oltrepassare l’ immediatezza del bisogno. Lo scopo può essere scelto e di conseguenza riconosciuto più o meno come buono.
Importante è il bilanciamento di intelletto e volontà.
Chi riconosce un equilibrio tra conoscere e volere , li considera come condizioni necessarie ma non sufficienti perché si dia un atto morale vero e proprio e , di conseguenza, un’ attribuzione di responsabilità.
Se l’ intellettualismo etico assegna una funzione determinante alla conoscenza del bene, al punto da accreditare ogni comportamento buono come frutto unicamente di una piena conoscenza del bene stesso, attribuendo, invece, ogni comportamento cattivo a un deficit di ordine conoscitivo; il volontarismo etico scioglie la volontà dal principio del conoscere, proclamando la sua assoluta libertà rispetto all’ oggetto.
Il “mondo morale” è frutto della confluenza, nello spazio e nel tempo, dei comportamenti di tutti i soggetti umani, al quale si può dare il nome di ethos. Quando tali comportamenti sono considerati in uno spazio comune, l’ etica è posta dinanzi al tema della convivenza; quando invece sono considerati sotto il profilo diacronico , l’ etica si confronta con il tema della tradizione, intesa come l’ esercizio attivo e responsabile del trasmettere.
La vita morale è eminentemente personale nella sua genesi, nella sua libera articolazione e nella conseguente attribuzione di responsabilità, ma è interpersonale nel suo esercizio storicamente situato; ha sempre una ricaduta esterna che investe non soltanto le altre persone, ma anche il mondo della natura e quello delle istituzioni.

Riferimenti bibliografici
Luigi Alici
Filosofia morale, La Scuola, 2011

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