La difficoltà delle relazioni affettive nelle strutturazioni fobiche della personalità

“All you need is love” (?)

“Avere nelle scarpe la voglia di andare.
Avere negli occhi la voglia di guardare.”
“E invece restare… prigionieri di un mondo
che ci lascia soltanto sognare, solo sognare”….

Sappiamo bene quanto sia difficile, in generale, e nei tempi odierni, in particolare, crearsi dei legami affettivi stabili.
Lo diventa ancora di più in situazioni psicopatologicamente problematiche, in cui quella che dovrebbe essere una modalità di scambio d’amore gratuito e non nella forma “do ut des”, diventa un legame esso stesso patologicamente irrimediabile, laddove uno dei membri della diade non sia in uno stato di equilibrio.
E qui “Legàmi” diventa “Légami “, e non è solo una questione di accento.
La costruzione “fobica” di sé e del proprio mondo interno sarà coerente con la modalità di scelta del partner e della strutturazione dei legami, in modo assolutamente non casuale o dettato dall’istinto che ci farebbe protendere verso qualcuno, ma finalizzato al mantenimento della propria economia psichica perturbata.
L’organizzazione di tipo fobico, la si ritrova in quei bambini che hanno sviluppato con la figura di accudimento, generalmente la madre, un attaccamento insicuro evitante (coercitivo) e resistente alla separazione o di tipo ambivalente. Se la mamma non permette al bambino di essere sufficientemente libero di esplorare autonomamente il mondo, questi avrà meno strumenti per affrontare le difficoltà. Se, poi, egli assiste, come spesso capita, ad una maggiore autonomia concessa ai suoi coetanei, allora
questo rinforzerà in lui la convinzione di essere più debole e vulnerabile. Ed il mondo pericoloso. Dunque, la strutturazione di tipo “Fobico” sembra essere basata su un equilibrio dinamico tra due polarità emotive: la paura, legata al bisogno di protezione da un mondo percepito come pericoloso; e la curiosità, correlata ad un bisogno di libertà e indipendenza all’interno del mondo stesso.
Da qui una spiccata tendenza a rispondere con paura e ansia a qualsiasi perturbazione dell’equilibrio affettivo che possa essere percepita come perdita di protezione e/o perdita di libertà e indipendenza; una tendenza a vivere stati d’animo “fisicamente”; uno stile affettivo caratterizzato da un ipercontrollo del/la partner, vissuto/a come base “protettiva” indispensabile, mentre la propria libertà è atta a confermare la propria necessità di autonomia.
Ma in stili di attaccamento simici non trova posto la “reciprocità” ( dal latino rectus-procus-cum , “ciò che va e che torna vicendevolmente”), laddove per “reciprocità” si intenda una attitudine, tutto ciò che avviene fra due persone, due cose, due gruppi in modo che ad un’azione o ad una cosa ricevuta da uno dei due termini corrisponda un’azione o cosa equivalente per l’altro termine.
In ambito psicologico leggiamo di reciprocità grazie agli studi di Trevarthen (1998) in riferimento al rapporto sincronizzato tra madre e bambino, a Stroufe (1982), le cui ricerche sono per lo più orientate allo sviluppo emotivo del bambino, a Schaffer (1998) e a Stern (1974, 1982, 1985) sempre per quanto concerne lo sviluppo infantile.
Non può esservi stato nelle strutturazioni fobiche, durante il periodo dell’infanzia, tra la figura di accudimento (caregiver) e il bambino, il processo di sintonizzazione, che contribuisce allo sviluppo della mente “relazionale” della persona.
In un mondo costruito fobicamente, il legame, l’altro che si configura come vincolo al mantenimento della propria libertà. Il/la partner deve garantire protezione ma contemporaneamente deve essere indipendente, mantenere la vicinanza senza dare sensazioni di controllo o di costrizione; deve emozionare ma non troppo.
Se la percezione del legame diventa costrittiva, questo si accompagna a note di rabbia e quindi inevitabilmente all’allontanamento.
Ma, spesso, una successiva percezione della solitudine vissuta come pericolosa, induce a tornare, e questo rappresenta anche la modalità con cui la persona con Personalità Fobica, gestisce il legame affettivo.
La reciprocità del legame è costruita intorno alla ricerca di vicinanza fisica, la seduzione è volta ad assicurarsi che l’altro si avvicini. Il contatto fisico non è mai eccessivamente prolungato,
E’ il corpo che ha il presidio della conoscenza.
La percezione emotiva, seppure sbandierata, a volte, è comunque avvertita come una vaga sensazione di mancanza, non di completamento del Sé, e diventa segno di debolezza rapidamente valutata come malessere fisico.
Per quanto concerne le oscillazioni nel legame, la ricerca del perfetto equilibrio porta all’alternanza di allontanamenti, per verificare la propria libertà, e successivi avvicinamenti spinti dalla percezione della “assenza” e da una potenziale mancanza di protezione.
Questo tipo movimento è alla base di quelle situazioni in cui, solitamente, una donna si lamenta di non sentirsi amata perché il partner, come spesso viene confidato, “un momento mi cerca e vuole stare con me, poi si allontana e non si fa sentire”.
Se questo in una relazione “sana” può essere indice di scarso interesse, in una relazione “fobica” sarà tanto maggiore quanto maggiore è il coinvolgimento, quindi un segno di grande “amore”, al quale spesso si associano sogni ad occhi aperti.
La crisi della relazione, pressocchè inevitabile, porterà alla ricerca di nuovi legami più rassicuranti, dove poter stare di nuovo vicini e protetti, finchè la tempesta emotiva si placherà e tutto tornerà calmo.
Difficile stare da soli, perchè significherebbe soli ed “abbandonati”.

Riferimenti bibliografici

Schaffer HR. I concetti fondamentali della psicologia dello sviluppo.Milano: Raffaello Cortina Editore, 2008.
Schaffer HR.Lo sviluppo sociale del bambino.Milano:Raffaello Cortina, 1998.
Sroufe LA. The organization of emotional development. Psychoanal Inq 1982; 1: 575-600.
Stern DN. Il mondo interpersonale del bambino. Torino: Bollati Boringhieri, 1985.
Stern DN. Le prime relazioni sociali: il bambino e la madre. Roma:Armando, 1982.
Stern DN. Mother and infant at play: the dyadic interaction involving facial, vocal, and gaze behaviors. In: Lewis M,
Trevarthen C. Empatia e biologia, psicologia, cultura e neuroscienze.Milano: Raffaello Cortina Editore, 1998.

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