Provare gioia significa imbattersi in un’emozione piacevole e spesso forte, perturbante la nostra pigra omeostasi, che sperimentiamo quando abbiamo la possibilità di verificare che uno scopo, un successo, un traguardo che ci eravamo prefissati, sia stato raggiunto.
Ma l’esperienza e la paura della transitorietà di questo sentimento è sempre in agguato.
Già Lucrezio sapeva che l’emozione della gioia è turbata dal timore di perderla, perchè il tempo corre veloce, sempre più veloce di quanto vorremmo e la gioia può passare dalle nostre in altre mani.
Perchè ciò che oggi ci porta gioia, domani potrebbe lasciarci indifferenti od annoiarci.
Nel momento in cui la sperimentiamo, insomma, la gioia potrebbe essere già passata.
Eppure, nonostante abbiamo imparato a nostre spese a percepirle come transeunti, trascorriamo la maggior parte della nostra vita nella speranza di provare gioie.
La speranza sta ad indicare una aspettativa futura.
Fra la gioia e la speranza si pone in genere l’entusiasmo derivante dalla possibilità di futuri successi.
L’entusiasmo rafforza la nostra motivazione ad agire, ci infonde energia.
La sorpresa, lo stupore e l’attrazione verso qualcosa o qualcuno possono provocare gioia: proviamo piacere nel rivedere una persona cara dopo tanto che non la si vedeva, oppure se sperimentiamo un successo sociale e lavorativo, se ci riconciliamo con un amico con cui il rapporto si era incrinato, se conquistiamo sentimentalmente quella persona che ci piaceva tanto e che sembrava non vederci neppure, o se pratichiamo un’attività sportiva che ci gratifica.
Una ricerca degli anni ’80 ha evidenziato che ciò che procura gioia sarebbe, nell’ordine: innamorarsi, superare un esame, guarire da una grave malattia, partire per le vacanze. (D’Urso, 1999).
Una ricerca simile condotta dagli americani ha invece evidenziato che in cima alla lista ci sarebbero l’autonomia, la capacità di fare bene il proprio lavoro, il senso di vicinanza emotiva con gli altri e l’autostima (Di Diodoro 2001).
Gli studi classici di Izard (1972) hanno messo in evidenza il legame fra la gioia e l’amore: la gioia maggiore sarebbe nel rendere felice qualcuno che si ama, nel sapere che chi amiamo mostra la volontà di condividere con noi delle esperienze positive.
Secondo gli studi di Deborah Stipek, i bambini già a 12 mesi provano gioia quando riescono in qualcosa, anche se, ovviamente, non hanno ancora sviluppate le capacità cognitive per rendersene conto
L’emozione della gioia trasforma rapidamente alcuni parametri, come l’espressione del viso: la gioia si esprime attraverso il sorriso e il riso.
Il sorriso autentico richiede l’azione del muscolo orbiculare, di tipo involontario e posto intorno all’occhio, in “collaborazione” con il muscolo zigomatico maggiore.
L’effetto è quello delle rughe intorno all’occhio, le “zampe di gallina”, che si aprono a ventaglio a partire dagli angoli esterni degli occhi. Ma per distinguere un sorriso autentico da un sorriso finto, bisogna considerare anche i tempi “tecnici”: i sorrisi genuini tendono ad apparire sul viso gradualmente e altrettanto gradualmente scompaiono, mentre i sorrisi falsi compaiono all’improvviso e all’improvviso scompaiono.
La maggior parte dei sorrisi, inoltre, è di tipo sociale. Siamo fatti per condividere le nostre gioie. Una gioia che teniamo dentro e non esternializziamo è come se fosse meno intensa.
Inoltre, in genere, il sesso femminile sorride più di quello maschile: i maschi sono incoraggiati a non sorridere molto ( come a non piangere), in quanto l’espressività è considerata come segno di emotività o di femminilità.
Con la gioia, inoltre, aumenta l’attività cardiaca.
Uno studio su attori di teatro a Mosca ha dimostrato questo molto chiaramente (Rusalova et al. 1975) e, qualche tempo dopo, Ekman, Levenson e Friesen (1983) hanno dimostrato che prendendo le misure del battito cardiaco e della temperatura corporea, l’emozione della gioia può essere diversificata da altre emozioni. Oltre all’accelerazione cardiaca, altri segnali sono dati dall’aumento del tono muscolare e del calore della pelle, oltre a delle irregolarità nella respirazione. Sul piano cognitivo, la gioia riesce a rendere più pronti l’apprendimento e la memoria , mentre non aiuta nei processi di valutazione, portando a sopravvalutare i risultati positivi e a sottovalutare gli errori e i risultati negativi.
Le persone gioiose e allegre sono più propense ad osare più delle altre, prendendo a volte decisioni avventate ed imprecise. Chi prova gioia tende ad aprirsi agli altri, ad intraprendere attività impegnative, ad essere più disponibile nei confronti dell’umanità. E questo, a volte, potrebbe risultare controproducente.
La gioia, purtroppo, però, è un bene transitorio ma sicuramente è un’esperienza che, una volta provata, non può essere cancellata, tanto che si è propensi, quando possibile, a riprodurre quelle stesse condizioni che l’hanno procurata. L’uomo, quando lo è, non sa di essere felice, si sente felice.
Sarebbe allora importante che la nostra intelligenza ci “insegnasse”a saper riconoscere le vere gioie della vita.
