Ciao mamma. Eri nata il 2 dicembre 1925 e registrata, come era allora spesso costume solo qualche giorno dopo, l’8 dicembre. Sagittario…ascendente, non l’abbiamo mai saputo, nonna non ricordava la tua ora esatta di nascita. Ma io lo sapevo, l’ascendente che avevi su di me. Quella data, il due dicembre, ha segnato in qualche modo la mia vita. Non c’era compleanno che non festeggiassimo insieme fini ai miei diciotto anni, Dall’inizio alla fine, ha segnato la mia vita. Sul tuo certificato di morte era segnato l’8 ed io sostenevo che si erano sbagliati e direi, in modo quasi delirante, che potevi non essere tu la mia mamma morta. Nonostante abbia voluto vivere attimo per attimo la tua fine. La corsa folle in ambulanza, una corsa di 800 km per portarti via con me, qui a Cuneo, dove ho sperato fino alla fine che ti avrebbero salvato. E poi quattro giorni e quattro notti mano nelle mani, in rianimazione con te. Il tuo respiro superficiale, le tue ferite infette che mi avevi voluto nascondere perchè non mi preoccupassi per te. E l’amore, quello che non mi hai nascosto, mai. Quanto mi hai amato mamma, con il senso di possesso che solo una vera mamma può provare, la sensazione di appartenenza, viscere contro viscere. Appartenenza che diventava protezione per salvarmi dalle brutture del mondo. Egoismo, anche un pò, forse, che, però, diventava altruismo nel lasciarmi libera nelle scelte importanti della vita. Fino all’ultima, quella che mi ha portato anni luce lontano da te. Ma con te sempre nel cuore. E mi dicevi:” Vai, è per il tuo futuro, anche se so che morirò senza di te”. E invece sei morta tra le mie braccia. Ricordo il tuo ultimo sguardo, quello che mi implorava di lasciarti andare. E sei andata, dolcemente, pronunciando, come si dice succeda, la parola “mamma”. Sei andata, con un ultimo tuo sospiro che aveva il sapore delle tue notti insonni per allattarmi. “I figli dolgono”, solevi dire, “Ma poi il male lo dimentichi”. Sei andata via con un mio ultimo bacio, nell’andirivieni che anche di notte caratterizza gli ospedali. Sei andata via contenta di avermi lasciato in buone mani, Mio marito che mi amava, i miei suoceri, la mia seconda famiglia. E sono contenta che fino alla fine tu abbia pensato che era proprio così. Ricordo quando ti dissi che ero incinta, tu mi dicesti che ero più bella, come ogni mamma diventa, ma mai lo sono stata come te che la bellezza l’aveva nel cuore. E poi l’aborto, quella bimba ormai morta che non voleva staccare le sue viscere dalle mie. Od io, più probabilmente non volevo separarmi da lei. E quell’uomo, quel padre, che cercava come poteva di consolarmi, ma, ancora troppo figlio per essere anche padre, non volle più provare ad essere padre: Anzi, si trasformò, sempre più in quel figlio mai nato. E i suoi genitori nulla fecero per condurlo a casa dalla moglie. Forse doveva andare così, anzi, col senno di poi mi dico, è meglio sia andata così:
E ora sono qui, mamma, per festeggiare il tuo compleanno e per dirti” grazie” se ancora una volta mi dai la possibilità di essere felice.
