Le Ideen e la questione dell'”Idealismo trascendentale” di Husserl come Riduzione.

Edmund Husserl intese la filosofia come archeologia, come scienza che non può fare a meno, per essere considerata tale, di partire dalle origini, dunque universale e rigorosa, che deve potersi muovere sul terreno sicuro dell’evidenza e dotata di un metodo e di una riflessione critica.

Questo viene da lui messo in opera con lo strumento metodologico della “riduzione”, fenomenologica prima, trascendentale poi.

La riduzione in senso filosofico ha un significato molto diverso dall’accezione con cui comunemente intendiamo questo termine. Riduzione qui non è diminuzione.

La riduzione fenomenologica segna il confine fra atteggiamento “naturale”, che riguarda l’esistenza di tutto ciò che è, ed atteggiamento fenomenologico, grazie al quale si può tornare al mondo mediante la messa tra “parentesi” del mondo stesso: «….io non nego questo “mondo”, quasi fossi un sofista, non metto in dubbio la sua esistenza, quasi fossi uno scettico; ma esercito l‘epoché “fenomenologica” »1

Mediante la riduzione trascendentale si guadagna la pura trascendentalità dell’io: «In termini kantiani: “l’ io penso’ deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni”.

Il senso della riduzione fenomenologica e della riduzione eidetica è quello di riportare lo sguardo dagli oggetti alla soggettività a cui essi si manifestano, in modo da poter analizzare la correlazione tra ciò che appare (l’oggetto) e il suo apparire, la correlazione tra percepito e percepire.

Questo riferimento reciproco del lato oggettuale e di quello soggettivo è la “correlazione intenzionale” :ogni essere e ogni realtà è qualcosa per noi in quanto ha un riferimento soggettivo e la coscienza non è una scatola chiusa ed impermeabile, ma è un’apertura sul mondo.

Husserl definisce la sua fenomenologia “idealismo trascendentale”, ma in un senso profondamente diverso da quello kantiano, in un cui il divario tra fenomeno e noumeno era incolmabile. Qui non si tratta di dualismo ma di dualità.

La fenomenologia è idealismo nel senso di un’autoesplicazione del mio ego come soggetto di ogni possibile conoscere.

Tra il il 27 aprile ed il 5 maggio 1907, Husserl tenne a Gottinga cinque lezioni introduttive su Die Idee der Phänomenologie, pubblicate solo nel 1950, dedicate al problema della cosa e dello spazio.

In queste lezioni Husserl tratta dell’epoché, che, escludendo ogni posizione trascendente di realtà, sembra consistere in una sorta di ritiro all’interno dell’immanenza, per il quale risulterebbero dissolti i problemi relativi alla “realtà trascendente”: tutto il trascendente “va provvisto di un indice di nullità, cioè la sua esistenza, la sua validità, non va posta come tale, ma al più come fenomeno di validità”. 2

Il fenomenologo guarda come le cose si formano per lui, come si danno nella loro datità immanente: gli oggetti si costituiscono, cioè si offrono e sono conoscibili, solo negli atti della correlazione intenzionale. Il senso è dunque già insito nelle cose stesse, ma diviene conoscibile solo nel momento in cui tali cose mi appaiono, divengono “per me” negli atti che mi donano il senso oggettivo.

Con la riduzione fenomenologico-trascendentale otteniamo una soggettività sotto forma di “vissuti”, nei quali sembra risolversi tutto il nostro mondo.

Nel primo volume delle Ideen, pubblicate nel 1913, la coscienza in se stessa risulta avere «un suo essere proprio che non viene toccato nella sua propria assoluta essenza dalla fenomenologica messa fuori circuito»; essa rimane , dopo l’operazione che ci consente di raggiungerla, l’epoché trascendentale, «come una regione dell’essere per principio peculiare, che può di fatto diventare il campo di una nuova scienza, della fenomenologia». 3.

Da una parte, allora, essendo l’io immerso nel mondo, dovrebbe essere con esso messo tra parentesi, dall’altra però, al tempo stesso, esso è colui che compie l’operazione di epochizzare: ciò che viene messo tra parentesi è dunque l’uomo reale con le sue connotazioni psicologiche, ciò che rimane è il puro io con i suoi puri vissuti, la soggettività con le sue strutture.

La coscienza è quel residuo fenomenologico che rimane «sebbene abbiamo “messo fuori circuito” il mondo intero con tutte le cose, gli esseri viventi e gli uomini, compresi noi stessi: non abbiamo perduto nulla, ma abbiamo guadagnato la totalità dell’essere assoluto che racchiude in sé tutte le trascendenze mondane e le “costituisce” in sé». 4

Riferimenti bibliografici

1. Husserl Edmund, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie, Erstes Buch: Allgemeine Einführung in die reine PhänomenologieHusserliana III/1, Karl Schumann (Hrsg.), Martinus Nijhoff, Den Haag 1976, p. 56; tr. it. di Costa Vincenzo, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Volume I, Libro I: Introduzione generale alla fenomenologia pura, Einaudi, Torino 2002, p. 71

2. Husserl Edmund, Die Idee der Phänomenologie. Fünf VorlesungenHusserliana II, Biemel Walter (Hrsg.), Martinus Nijhoff, Den Haag 1950, p. 6; tr. it. a cura di Franzini Elio, L’idea della fenomenologia. Cinque lezioni, Bruno Mondadori, Milano 1995, p. 42

3. Husserl Edmund, Ideen, p. 68; tr. it. p. 77.

4. Husserl Edmund, Ideen, p. 107; tr. it. p. 124

 

Lascia un commento