Psiche e Techne: porsi il dilemma?

Ho letto di recente il volume di Umberto Galimberti “Psiche e Techne” e mi hanno colpito le sue lucide e, per certi versi spietate, osservazioni.
L’uomo non è più il protagonista della storia. Quello che oggi conta è eseguire un compito nel tempo più veloce possibile, senza chiederci nemmeno più il fine di quello che facciamo, ma bisogna farlo. Questo genera, in chi di noi si sofferma a pensarci, una profonda inquietudine. La tecnica non è più uno strumento nelle mani dell’uomo ma l’uomo è diventato un esecutore della tecnica. All’uomo manca l’istinto, a differenza dell’animale, che vive e riesce a sopravvivere con gli istinti ed ecco perché l’uomo ha avuto bisogno di sopperirvi con una educazione, con una istituzione: non avrebbe potuto sopravvivere senza la tecnica. Solo che, forse, la cosa gli è sfuggita di mano ed ora la tecnica ha quasi bypassato l’uomo. L’uomo è pulsione anche per Freud, non istinto.
Dove è finito l’ insegnamento di Kant che sosteneva che l’uomo era un fine, mai un mezzo?Compiamo un’azione con un determinato scopo ma ormai non riusciamo più a prevederne gli effetti.
L’età della tecnica ha abolito lo scenario umanistico, ed ormai si fa fatica ad individuare un orizzonte di senso che conservi in sé l’umano. La tecnica non deve svelare, non deve rispondere a domande, non apre scenari. Il suo compito è quello di funzionare.
Il minimo dei mezzi deve corrispondere al massimo degli scopi.
I robot sostituiranno l’uomo in un futuro non molto lontano ed in parte già oggi lo fanno. Utilizzeremo l’intelligenza artificiale che sarà più veloce di quella naturale, che, però, non riusciremo più ad utilizzare, perché non saremo più in grado di formulare idee nostre e non costruite tramite una macchina. Trovo questo abbastanza angosciante. Il nostro pensiero, allora, non è più frutto del pensare ma diventa un calcolo: è questa l’età della tecnica, dove si è persa ormai la nozione di “giusta misura” propria della filosofia greca.

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