L’obesità è una condizione medica caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo che sicuramente non si limita a questo dato clinico, ma che può portare e, se protratta, inevitabilmente porta, ad effetti negativi sulla salute con una conseguente riduzione dell’aspettativa di vita, a causa della compromissione di vari organi ed apparati. Lo stesso Ippocrate era convinto che l’obesità si portasse dietro come compagnia una serie di altre malattie.
Il termine, come molti altri in medicina di derivazione greca o latina, viene dal latino “obesitas”, che indica la condizione di chi è “grasso, grosso o paffuto”, a sua volta da “esum”, participio passato di “ĕdere” (“mangiare”), con l’aggiunta del prefisso “ob” (“per, a causa di”).
Questa è una patologia tipica, anche se non esclusiva, delle società “del benessere”. L’O. M. S. definisce l’obesità attraverso l’indice di massa corporea (IMC), un dato biometrico che mette a confronto peso e altezza: sono considerati obesi i soggetti con un IMC o BMI maggiore di 30 kg/m², mentre gli individui con un BMI compreso fra 25 e 30 kg/m² sono ritenuti in sovrappeso.
L’obesità è considerata una patologica medica e non pertinente all’area psicologico/ psichiatrica, non essendo inclusa nel DSM 5, ma, a tutti gli effetti, chi tra noi psichiatri si occupa di disturbi del comportamento alimentare, sa bene che, a parte le forme derivanti da disfunzioni endocrine o da altre problematiche mediche, non si può trascurare che dietro, o meglio dentro, la corazza di grasso, si celano aspetti psicologici che vanno affrontati, e possibilmente risolti, pena la non riuscita di qualsiasi regime dietetico consigliato. Non è certo un caso che la Bulimia Nervosa che non adotti metodiche compensatorie dell’eliminazione del cibo tramite le abbuffate, e il Disturbo da alimentazione incontrollata, esitino, spesso, in quadri clinici di Obesità.
Dunque, una dieta alimentare corretta, la pratica di un esercizio fisico adatto e calibrato sulla singola persona, e l’approccio psicologico sono le basi per la terapia di prevenzione e di cura dell’obesità. In alcuni casi vengono anche prescritti farmaci, del tipo degli antidepressivi, dei quali si sfrutta, tra l’altro, l’effetto collaterale della riduzione dell’appetito, oppure in casi estremi, quelli, cioè, qualora l’IMC sia superiore a 40 kg/m² oppure sia compreso fra 35 e 40 kg/m² con contemporanea presenza di fattori di rischio, si ricorre alla chirurgia bariatrica.
Queste mie riflessioni, però, vogliono porre l’accento su un altro aspetto: se è vero che l’obesità va curata essenzialmente con un regime dietetico controllato, anzitutto, è anche vero che sono solo una minima parte degli obesi coloro che riescono ad aderirvi per un periodo di tempo sufficiente a perdere peso. Un regime dietetico per un individuo obeso, infatti, non può essere rappresentato da una dieta esageratamente ipocalorica, perchè sarebbe difficile se non impossibile seguirla per molto tempo. Una dieta bilanciata deve contenere nel suo schema tutti i nutrienti necessari per mantenere un buon stato di salute e recuperare con il tempo, una buona forma fisica. Eppure, percentualmente, sono pochi coloro che riescono a farsi seguire da dietologi senza mollare la presa fino al raggiungimento del risultato. Si sa, inoltre, che un bambino o un adolescente obeso sarà destinato a diventare un adulto obeso, ma che, seppure a prezzo di sacrifici, riuscirà a perdere peso, consapevole che la dieta deve essere uno stile di vita da adottare per sempre. Molti obesi mollano prima, altri vorrebbero risultati in breve tempo, altri ancora confidano nel ricorso alla chirurgia bariatrica, anche laddove non ci sarebbero le indicazioni. Il ricorso, poi, alle diete fai da te, oltretutto pericolose, è purtroppo anche frequente. Eppure capita spesso di incontrare obesi che non riescono a farsi seguire in modo idoneo, altri che decidono di non farsi curare affatto, mentre si mette sempre più frequentemente a dieta chi non ne avrebbe bisogno, o ne avrebbe un bisogno assolutamente minimo. Il corpo, in questi casi, è utilizzato come strumento di visibilità: deve essere perfetto, filiforme, a dispetto di una genetica o di una conformazione fisica contro la quale può diventare rischioso andare. Non un corpo in salute, ma un corpo magro, alla perenne ricerca di una felicità che risiede sempre in un “altrove”. Importa apparire, sempre più che essere, adottando schemi dietetici assolutamente sbilanciati: diete iperproteiche che aumentano l’aggressività ( oltre che non placare la fame), diete chetogeniche, dannosissime nel lungo termine per la salute, diete monotone, in cui si privilegia un solo alimento piuttosto che una dieta varia. Insomma tutto quanto di più dannoso possa esservi pur di arrivare allo scopo. Quale scopo? Un corpo da esibire, spesso specchio di una fragile interiorità, e che può diventare una entità autonoma rispetto alla mente, ingaggiando con essa una inutile battaglia, perchè, invece, l’equilibrio migliore da raggiungere è quello in cui mente e corpo viaggiano in concerto. Da questa lotta chi è perdente è l’individuo, composto di mente e corpo, che rischia di andare incontro, non riuscendo più a tenere sotto il controllo mentale la perdita di peso, a forme patologiche di tipo anoressico.
